Regia di Antonio Capuano vedi scheda film
Un’asciutta risposta all’enfatica retorica dei Ragazzi di Scampia guidati dal cantante Gigi Finizio al recente Festival di Sanremo ce la regala Antonio Capuano, erede naturale, ideale e spirituale di Sergio Citti, pur se spostato qualche chilometro più in basso dello Stivale, nel degrado assoluto di una regione, la Campania, e di una zona, quella del napoletano, che da tempo hanno tristemente oltrepassato la soglia della dignità umana. È in questo contesto che il piccolo Mario (un Marco Grieco di pura istintività venata di scaltrezza tutta partenopea) nasce e cresce, tra violenze e abusi (finanche sessuali), in una famiglia dominata dalla prostituzione, dal giorno per giorno, dall’assoluta mancanza di speranze. Non che la famiglia borghese che fa da contrappeso, stia una meraviglia: agiatezze e privilegi, certo, ma un vuoto pneumatico che convince Giulia (una straordinaria Valeria Golino: è sua la performance femminile italiana dell’anno) a chiedere l’affido del “ragazzaccio”, combattendo con molti e in primo luogo con se stessa, con le sue paure e con il compagno Sandro che vede minate le sue sicurezze, con la famiglia originaria del piccolo, con l’ambiente, con l’assistente sociale. Il suo credo è l’amore: assoluto, totale, incondizionato. Quando, invece, il resto del mondo le consiglia, con la carota, il classico bastone, le ovvietà più ovvie di educazioni filtrate e di culture stratificate e strangolate nell’omologazione e nelle scorciatoie. La regia di Capuano è libera come il vento e Valeria è il suo volano.
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