Regia di Marc Forster vedi scheda film
Quando si decide di fare un film mentale, basato cioè principalmente sull’aspetto psicologico di colui che guarda, si cade spesso nella trappola dell’estraneità. Praticamente, colui che guarda non riesce a percepire, allo stesso modo, con la stessa intensità che il regista utilizza, tutti gli aspetti che la trama contiene.
Ora, se questo thriller di Marc Forster, ha inizialmente la capacità di corrucciare la fronte allo spettatore, coinvolto dal vortice di sensazioni, che sembrano scaturire dalle immagini; lo stesso non si può dire del finale. Che oltre a sembrare irrisolto totalmente, presenta lacune non solo sceneggiatoriali ma anche e principalmente emozionali.
Non sono riuscita a capire bene quando ma, arriva un certo momento in cui avviene un distacco tra l’attenzione di chi guarda e il racconto che continua a scorrere sullo schermo. Come se, la velocità dello stesso, non fosse percepita allo stesso modo, con gli stessi tempi mentre lo si guarda.
Dopo lo sconcerto, arriva la rabbia, o come meglio dire, la stizza. Un sentimento che prende possesso della mente dello spettatore, che aveva, nel mentre che i frame si susseguivano, già creato delle illusorie e alte aspettative.
Estrapolando il tutto, l’unica cosa che resta invariata per tutta la durata e che non delude mai, è il cast. Ewan McGregor e Naomi Watts, duettano in modo eccellente e Ryan Gosling, che dovrebbe restare sullo sfondo ma in realtà è onnipresente, non solo è il perno del racconto ma diventa anche l’attrazione primaria dell’intera pellicola: il suo modo di recitare è qui davvero intenso e coinvolgente.
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