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Wallace & Gromit - La maledizione del coniglio mannaro

Regia di Steve Box, Nick Park vedi scheda film

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La recensione su Wallace & Gromit - La maledizione del coniglio mannaro

di FilmTv Rivista
8 stelle

Un balzo all’indietro, dritti nella “Old England” che, negli anni ’40, le commedie della Ealing amavano e sbeffeggiavano. C’è un quartiere, con le sue botteghine agghindate tutte in fila, le case con gli orti e i giardinetti, la chiesa con il cimitero antistante, la bella villa padronale con il giardino e la serra. C’è il bobby che sorveglia la pace locale, il pastore eccentrico che coltiva ortaggi e sfoglia una rivista dove le suore fanno wrestling, lo snob supponente appassionato di caccia, la lady svaporata dai capelli rossi, la gente che si prepara all’annuale Fiera dell’Ortaggio Gigante. E ci sono, nella loro casa piena di marchingegni meccanici, Wallace l’inventore e Gromit il cane, con un nuovo mestiere: squadra Anti-Pest, cioè quella che cattura i conigli divoratori di verdure giganti e li mette al sicuro, in cantina, fino allo svolgimento della fiera. Wallace, ingrassato, che nasconde porzioni dell’amato formaggio nei classici inglesi (Brie Encounter, Grated Expectations), Gromit che lo accudisce, gli fa da spalla, lo tira fuori dai guai. Ormai, dice il loro creatore Nick Park, Wallace e Gromit sono come una vecchia coppia, un po’ insofferenti ma molto pazienti nei confronti l’uno dell’altro, non potrebbero mai più separarsi. Come in una commedia Ealing (dov’era l’anarchia a travolgere la tradizione, fino a farne trionfare gli aspetti più folli), anche qui la quiete apparente viene sconvolta da una bizzarria individuale (un esperimento azzardato di Wallace), che ribalta il piccolo mondo antico in un incubo della Hammer. Nasce il Coniglio Mannaro, grasso, torreggiante, avido di ortaggi, che ulula alla luna battendosi sul petto mentre tutti i coniglietti della zona lo imitano eccitati, che può essere momentaneamente allontanato da un paio di zucchine impugnate come un crocifisso e ucciso solo da una pallottola d’oro massiccio a forma di carota. Nick Park e Steve Box prendono spunto dal Frankenstein della Universal (con tanto di Sposa rattoppata) e da King Kong (con scalata del mostro sul pennone più alto e duello su Spitfire giocattolo), li impastano nei colori e nel grand guignol della Hammer e costruiscono una parodia tenerissima e ilare, tutta “vegetariana”, animalista e libertaria. Un inno all’eccentricità, che prevede anche, in anni di animazione superlaccata, che si intravedano sulle loro creature le impronte delle dita che ne hanno modellato i lineamenti e i movimenti nella plastilina.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 10 del 2006

Autore: Emanuela Martini

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