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In un altro paese

Regia di Marco Turco vedi scheda film

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La recensione su In un altro paese

di sasso67
8 stelle

In un altro paese questi uomini, dopo aver fatto condannare tutta la cupola mafiosa nel maxiprocesso di Palermo, sarebbero diventati eroi nazionali. In Italia, invece, furono lasciati soli, il loro lavoro smembrato pezzetto per pezzetto. E' in queste poche parole, riferite al pool antimafia di Caponnetto, Falcone e Borsellino, tutto il senso del bellissimo documentario di Marco Turco, tratto da un libro-inchiesta del giornalista Alexander Stille. Dove si parla degli ultimi quarant'anni di mafia siciliana, da Bontate a Liggio, da Buscetta a Provenzano, da Inzerillo a Riina. E dove non si tacciono le complicità e le responsabilità dei politici eccellenti, anche di quelli che, oggi, non sono senatori a vita. Si parla, grazie alla trestimonianza della fotografa Letizia Battaglia, delle vittorie e delle troppe sconfitte dello Stato italiano nella lunga guerra alla mafia, degli omicidi, delle stragi, ma anche dei processi, delle catture dei boss mafiosi, della bella pagina della cosiddetta primavera di Palermo della giunta Orlando, affossata all'inizio degli anni novanta dalla DC del CAF, e perfino della terribile, ma gravida di speranza, reazione dei palermitani al funerale di Paolo Borsellino (dove gridavano "fuori la mafia dallo Stato!"). Si parla, ovviamente, delle uccisioni di Falcone e Borsellino e dei poveri agenti della loro scorta, dell'omicidio di Salvo Lima, del voltafaccia delle famiglie mafiose, che nelle elezioni politiche del 1992 votano e fanno votare per il PSI e per i Radicali. E, dopo Tangentopoli, che spazza via la classe dirigente verso la quale avevano guardato per anni, dopo le stragi del 1993, i mafiosi si mettono "nelle mani giuste" (come recita il titolo dell'ultimo romanzo di Giancarlo De Cataldo*), tanto è vero che dopo la vittoria elettorale di Berlusconi, per un po', tutto tace.

Fa tristezza vedere le testimonianze dei colleghi di Falcone e Borsellino, sempre più anziani (almeno loro ce l'hanno fatta ad invecchaire), ricordare come i due magistrati di punta vivessero prima nella consapevolezza dell'eventualità - e alla fine della certezza - che sarebbero stati uccisi. Quella di Paolo Borsellino fu, infatti, una consapevole corsa contro il tempo, tempo rubato alla morte. In un altro paese questi uomini sarebbero stati aiutati e protetti dallo Stato, anche perché, come s'è visto, quando lo Stato combatte la mafia, è lui a vincere. In un altro paese, appunto... (24 luglio 2007)

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