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Grand Hotel

Regia di Edmund Goulding vedi scheda film

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La recensione su Grand Hotel

di Baliverna
6 stelle

Lo so che è famoso, ma che volete che vi dica, a me è sembrato discreto e nulla più. Tra i suoi pregi c'è la conduzione e l'intreccio delle storie dei vari personaggi e la definizione di certi personaggi, come quello della ballerina (Garbo) e del barone in bolletta. Tra i suoi difetti, sempre restando però sui personaggi, c'è quello dell'aiuto contabile malato che vuole godersi gli ultimi giorni di vita. Finisce infatti per prendersi troppo spazio, e a portare via terreno (di tempo, non di merito) ai divi presenti. Non di rado, perdipiù, lo trovo ingombrante e ridondante, specie nel suo desiderio di vendetta sul pur spregevole principale (vedasi la scena al bar). Certo, è uno che ne ha subite tante, ma il suo volerla far pagare, l'odio che non riesce a contenere, i suoi piagnistei e il suo essere appiccicoso e untuoso me lo rendono piuttosto antipatico. La responsabilità va qui allo sceneggiatore, che volle dar spazio a questo personaggio per scopi - mi azzardo a dirlo - di critica sociale di sinistra. Questa di per sé mi va bene, perché ce ne sono di ingiustizie nella società, ma quando è di stampo schematico e ideologico mi va giù di traverso. Se si cronometra il tempo in cui è di scena lui, penso che batte sia la Garbo che la Crawford. Buffo è che, per far della critica sociale di sinistra, la sceneggiatura finisce per avvallare e comprendere il desiderio di denaro e di vita d'alto rango. Non si poteva fare un film più spensierato, non nel senso di ottimista, ma senza finalità ideologiche? 
 

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