Regia di Edmund Goulding vedi scheda film
Un'ottima pellicola dove non è tanto la Garbo ad emergere ma una serie di personaggi che, proprio come le porte girevoli di un Grand Hotel, entrano ed escono dalla scena con le loro storie restituendoci un poliedrico quadro di una Berlino prima del grande salto nel buio degli anni '30.
Non è uno dei più bei film di Greta Garbo, e neanche una delle migliori pellicole degli anni '30, ma "Grand Hotel" ha una grazia ed al tempo stesso una forza espressiva che ne fanno un film di indubbio valore. Il via vai di gente in uno dei migliori alberghi di Berlino nel 1928, con quel vortice di storie diverse, personaggi di ogni risma, amori e rancori che si creano e si distruggono nell'arco di pochi giorni, sono uno spaccato di vita, così come lo è la parabola del barone Geigern (l'ottimo John Barrymore) finito in disgrazia e ridottosi a ladro pur di ripagare i propri debiti. Ma, ancor più che la fatale attrice Grusinskaya (interpretata dalla Garbo), il personagggio che più emerge nel film, nela suo bisogno di rivalsa da una vita di anonimo impiegato, è Kringelein, con quella sua disperata voglia di vita dopo aver scoperto di essere gravemente malato. E niente sarà più saggio del suo motto che "ama veramente la vita solo colui che ha conosciuto la morte".
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