Regia di Carlo Lizzani vedi scheda film
(La carriera di) Lizzani non se la passava bene in quel periodo: dopo alcuni polizieschi dagli esiti altalenanti ed un paio di sortite azzardate (il documentaristico Storie di vita e di malavita e l'erotico Kleinhoff hotel), si ritrovò a dover scendere a patti con l'avanzata del potere della tv realizzando questa trasposizione del noto romanzo di Ignazio Silone. Sono in totale quattro episodi da poco meno di un'ora ciascuno, ridotti poi ad un sunto di 130 minuti destinato al cinema, anche se la versione per il grande schermo è passata pressochè inosservata; l'adattamento in sceneggiatura è firmato dal regista con Lucio De Caro ed il ruolo del protagonista Berardo è affidato ad un ispirato Michele Placido. Nonostante sia trascorso mezzo secolo fra la pagina e la pellicola e si sia ormai dispersa la feroce carica critica avversa al fascismo (che costò al romanzo l'uscita in Svizzera: in Italia arrivò solamente nel 1947), rimangono intatte le motivazioni di denuncia sociale che riguardano l'entroterra rurale del sud. Emblematica dello sfruttamento cui erano sottoposti i 'cafoni' (i contadini locali, d'altronde il termine viene da lì) è la scena in cui il ricco proprietario terriero si arroga il diritto di deviare il corso del fiume a suo vantaggio promettendo tre quarti dell'acqua per sè e tre quarti per il paese: nessun abitante di Fontamara oppone obiezioni e l'affare è concluso. Gran parte dei dialoghi è recitata in dialetto, ma senza calcare eccessivamente la mano, riuscendo così a suonare abbastanza comprensibile all'orecchio non allenato al vernacolo abruzzese; prevalenza di scene all'aperto che facilita l'impostazione verista del lavoro, impostazione che ricorda quella del coevo Albero degli zoccoli (Ermanno Olmi, 1978) e del simile per ambientazioni e temi La neve nel bicchiere (Florestano Vancini, 1986). Finale con doppia morale amara, su binari paralleli: quella macroscopica è che il popolo mantenuto in catene nella propria ignoranza sarà sempre costretto a subire le angherie del potere; quella personale del protagonista è un invito a lottare - ed aiutare gli altri a farlo - quotidianamente per insidiare i biechi meccanismi di sottomissione cui il popolo indifeso è soggetto (con dedica al fratello dello scrittore, morto innocente in carcere, riportata fedelmente al termine della pellicola). 6/10.
Fontamara è un paesino nell'entroterra abruzzese; nei primi anni '30 del XX secolo l'arretratezza culturale ed economica del posto è altissima: superstizione, analfabetismo ed ignoranza, uniti alla povertà, fanno in modo che al paese vengano sottratti l'elettricità e l'acqua, modificando il corso del fiume a vantaggio di un proprietario terriero dei dintorni. Berardo tenta in ogni modo di fuggire da Fontamara, ma la vita in città gli riserverà altre amarezze, mentre i fascisti stanno facendo una caccia serrata al Solito Sconosciuto, un anonimo contestatore del regime...
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