Regia di William Cameron Menzies vedi scheda film
Curioso film d'epoca, ben girato ma mal scritto, che fa leva su un secolare mistero, la cui risoluzione finale sprofonda tragicamente nel comico involontario.
A seguito dell'improvvisa morte di uno zio, Gerald MacTeam (Richard Carlson) abbandona la Francia per prendere possesso di Craven Castle, in una sperduta località scozzese. Gerald è divenuto erede e custode del secolare patrimonio di famiglia. La fidanzata Kitty (Veronica Hurst) tenta di mettersi in contatto con Gerald dal quale riceve, dopo lungo tempo, un'ambigua lettera di addio. Per cercare di capire cosa sia accaduto al suo ragazzo, accompagnata dalla zia Edith (Katherine Emery), affronta il lungo viaggio sino a raggiungere Craven Castle. Arrivata a destinazione viene molto male accolta da Gerald, tanto da essere costretta ad inventare scuse sulle condizioni di salute della zia per evitare di abbandonare il castello. L'uomo è stranamente cambiato, forse a causa dell'influsso della servitù, mentre un labirinto costruito ai margini della tenuta sembra nascondere un misterioso segreto.
Se si escludono alcuni episodi di serie televisive, Il labirinto rappresenta l'ultima regia di William Cameron Menzies (1896 - 1957), raffinato cineasta spesso coinvolto nella direzione di film fantastici (The spider e Invaders from Mars tra le cose più interessanti). Siamo nel lontano 1953, periodo nel quale è di moda il 3D, tecnica soprattutto indicata per pellicole appartenenti al genere horror (in quell'anno esce anche una efficace versione stereoscopica de La maschera di cera, interpretata da Vincent Price). Il labirinto è un film girato discretamente bene, ambientato in un tetro e antico castello all'interno del quale si svolge per intero l'azione, raccontata in flash back direttamente al pubblico, dalla signora Edith mentre guarda in macchina.
Le poche scene in esterni -artificiosamente contraffatte da nebbia, visibilmente frutto di macchine lanciafumo- ci introducono in un ambiente gotico e pieno di misteri. Proprio questa curiosità sul movente, che è causa di mutato umore del protagonista, tiene incollati davanti allo schermo, nonostante i dialoghi non proprio curati e l'evidente e inconciliabile (con la realtà) fotografia. Gli interni del castello, privo di energia elettrica, sono infatti illuminati da candele, causa di ombre impossibili ed effetti di intensa luce, di fatto sparata da potenti faretti. Talvolta le reazioni dei protagonisti rasentano l'ilarità (soprattutto quelle dei gelidi inservienti) e più in generale, quando il mistero viene svelato, tutta l'attenzione riposta alla visione del film risulta essere stata abbondantemente tradita. La creatura nel finale è causa di un improvviso declino qualitativo sia per quello che è, sia per come è stata approssimativamente realizzata (evidente trattarsi di un uomo saltellante dentro una tuta). Resta un curioso prodotto vintage, concepito a suo tempo con il solo obiettivo di sfruttare il sistema 3D a totale discapito della sceneggiatura.
"La più antica e potente emozione umana è la paura, e la paura più antica e potente è la paura dell'ignoto." (H.P. Lovecraft)
F.P. 17/11/2019 - Versione visionata in lingua italiana (durata: 80'23")
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta