Regia di Giuliano Montaldo vedi scheda film
Da un soggetto di Andrea Barbato e con una sceneggiatura scritta da Lucio Battistrada, Ottavio Jemma e dal regista stesso, ecco che Montaldo ricava un film sulle tematiche a lui più care: la seconda guerra mondiale (messa in scena fin dal suo primo lungometraggio, Tiro al piccione di neppure dieci anni prima, 1961) vista in chiave antimilitarista, la follia del nazismo - in parallelo a quella del conflitto bellico - e la disumanità del mondo militare. Il cast è adeguato: Franco Nero è un ottimo protagonista nei panni dello smarrito, dapprima speranzoso (nella fine del conflitto) e quindi incredulo Bruno Grauber, travolto dagli eventi suo malgrado, probabilmente vittima della sua stessa fiducia nell'uomo e nella vittoria della pace su qualsiasi guerra; al suo fianco non sfigurano il meno noto Larry Aubrey (canadese), il tedesco Helmut Schneider e l'americano Richard Johnson, così come è azzeccato il ruolo secondario affidato al corpulento Bud Spencer, in quel momento in forte ascesa. Cast internazionale e collaboratori di buon livello (musiche di Ennio Morricone; fotografia di Silvano Ippoliti, che aveva lavorato fra gli altri in Rocco e i suoi fratelli di Visconti e ne La grande guerra di Monicelli; montaggio di Franco Fraticelli, già con Lizzani, Pietrangeli e molti altri) per un prodotto dichiaratamente a tesi eppure non sovrastato dagli intenti ideologici, bensì vivace anche dal punto di vista dell'azione. Due ore sono forse un po' tante. 6/10.
Olanda, 1945. Due soldati tedeschi gettano le divise e si incamminano verso casa, convinti che la guerra stia per finire. Riparano in un campo di prigionia canadese, ove confidano, arrendendosi, nella protezione degli alleati; ma nel campo detta ancora legge, sui soldati tedeschi, il feroce colonnello von Bleicher, che non mostra alcuna pietà per i disertori.
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