Regia di Giuliano Montaldo vedi scheda film
Una regia dimessa, come lo è la grigia fase di transizione tra la guerra e la pace, impastata di sconfitta, resa, prigionia, desolazione ed indefinita attesa. Un film che ha l’aspetto e il sapore del fango, e in cui la stessa azione appare melmosa, e procede come a tentoni, in mezzo a un’umanità svuotata e infiacchita, che non conosce nemmeno più la forza del dramma. L’unica residua parvenza di vigore è, a ben vedere, una sterile durezza, spogliata di ogni ideale, e malamente rivestita di orgoglio, e nella quale l’onore finisce per identificarsi con la disciplina. Anche il motto “Gott mit uns” è ridotto, tra le file dell’esercito tedesco, al suggello di un’inflessibilità fine a se stessa. Le uniche figure vitali sono quelle dei due disertori, i soli ad avere abbracciato una scelta libera e coraggiosa, che, oltre ad averli svincolati dagli opposti schieramenti, li ha mentalmente affrancati dalle logiche della guerra. Sono loro i soli a non prestarsi al miserabile gioco di vincitori e vinti, che talora assume la forma di un patetico teatrino. E sono loro gli elementi intrusi e disallineati destinati a porre l’intero sistema in una crisi senza precedenti. Un film da rivalutare, che, nell’istante di quiete sospesa che segue immediatamente la tempesta bellica, sorprende i militari ad interrogarsi sul proprio ruolo e sulla valenza del loro codice morale.
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