Regia di Sergio Rubini vedi scheda film
Tornato nella nativa Mesagne, in Puglia, per chiudere rapidamente la questione della cessione della terra lasciata dal defunto genitore, Luigi Di Santo (Bentivoglio), maturo professore di filosofia a Milano, si ritrova invischiato in una faccenda più grande di lui. Un fratello (Solfrizzi) che vuole dare l'arrampicata alla politica locale si è indebitato con un malavitoso locale (Rubini); un fratellastro (Venturiello) si è andato a scegliere come amante proprio l'amante del malavitoso mentre il terzo fratello (Briguglia), il più giovane, sembra non avere attenzioni che per la comunità di picchiatelli presso la quale opera. Quando il boss locale viene colpito da una fucilata durante una processione, i sospetti si dirigono subito verso entrambi i fratelli con moventi più che plausibili. Ma la responsabilità dell'omicidio è del terzo, deciso a vendicare un amico. Scritto con Gianfilippo Ascione e sceneggiato con Angelo Pasquini e Carla Cavalluzzi, La terra è il film della piena maturità registica di Rubini: alle qualità formali del film (la fotografia, il largo uso del grandangolo, le inquadrature in chiave espressionista e la musica di Pino Donaggio) si aggiungono quelle di contenuto. La terra è un western di paese in chiave postmoderna che segna l'ennesimo ritorno di Rubini alla ricerca delle proprie radici. Dopo L'amore ritorna, Bentivoglio ancora una volta interpreta l'alter ego del regista, smarrito e confuso tra il confronto con le origini e l'urgenza del ritorno a una normalità rassicurante. Unico neo del film la scelta di Briguglia, imbalsamato nei suoi modi da ciellino e davvero poco credibile come giovane pugliese di paese, con il suo accento da secondo mese di scuola di dizione.
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