Regia di Tano Cimarosa vedi scheda film
Incredibile ma vero il Cimarosa ci riprova!
Dopo il clamoroso flop dell'argentiano "vizio con le calze nere", il prolifico caratterista Tano Cimarosa (al secolo Gaetano Cisco) ci prende gusto ritentando dopo un paio d'anni l'avventura (o meglio la disavventura) dietro la macchina da presa.
Inserendosi nel filone del poliziesco o poliziottesco all'italiana, il nostro gira finalmente nella sua Messina, proposta in un'atmosfera insolitamente autunnale e decadente, una pellicola contenente tutti gli archètipi del genere.
Sorretti da un ritmo incalzante e da una buona dose di sesso e di violenza ci ritroviamo dunque:
1) Il commissario tutto d'un pezzo inviso ai superiori per i suoi modi spicci. Portato a riflettere sulle motivazioni che spingono l'individuo a delinquere e sulla crisi di valori della nostra società, ama lasciarsi andare a memorabili considerazioni sociologiche di disarmante qualunquismo fatte passare per verità assolute;
2) l'immancabile brigadiere trasudante umanità e saggezza popolare da tutti i pori;
3) il giornalista amico del commissario e anch'egli paladino della legalità, sputante perle di saggezza del calibro di "...abbiamo scelto un mestiere di grande responsabilità!";
4) i cattivi cattivissimi;
5) il capo dei cattivi che si porta dietro un'avvenente pupattola da cui si fa chiamare "Cicci";
6) l'uomo della strada a cui uccidono la figlioletta e che decide di farsi giustizia da solo.
Un concentrato inaudito di trash, dove il Cimarosa, totalmente incurante dell'ABC della sintassi narrativa, affastella con impagabile dilettantismo trame e sottotrame che si perdono nel più totale marasma e personaggi che appaiono e scompaiono senza una logica ben precisa.
"Un casino colossale" come ebbe lapidariamente a sintetizzare Pier Luigi Conti, in arte Al Cliver, chiamato a interpretare, "alla Maurizio Merli in versione povera", il ruolo del commissario. Noto ai cinefili con il nomignolo di "Tufus" goliardicamente coniatogli da Lucio Fulci per un'eufemistica e congenita implasmabilità attoriale (in altre parole era incapace di andare al di là di un'unica espressione facciale), il nostro così riassumeva, un po' impietosamente, l'atmosfera che si respirava sul set, ricordandosi in particolare del tal Uccio Gulino, "un pesciarolo che ci aveva messo i soldi" con la sua "Morgana Cinematografica" (sic!). Questi, in preda a una crisi di megalomania e pensando di essere il novello Marlon Brando, pretese una parte nel film con il suo nome a campeggiare nei titoli di testa come partecipazione straordinaria unitamente alla "guest star" per ragioni alimentari Paola Quattrini. Perennemente agghindato con improponibili gessati e con la dentiera che pare gli sia volata via alla prima battuta, riveste la parte del mafioso Marra (il testè citato capo dei cattivi con tanto di procace accompagnatrice, il cui ruolo è affidato alla non accreditata Mirella Sgroi, figlia, a quanto pare, di un altro occulto finanziatore).
Per non essere da meno quanto a patetico nepotismo, il Cimarosa impone per il ruolo del brigadiere Pantò, lo stesso personaggio da lui interpretato nel film che lo vide esordire come regista, il fratello sfigato Gianni (nulla più che una sua squallida brutta copia), totalmente a digiuno, per giunta, di qualsivoglia esperienza cinematografica.
In perfetta linea con lo spirito violento e drammatico della vicenda, Tano Cimarosa si decide invece a esprimere la sua sanguigna sicilianità nelle vesti di un benzinaio determinato a vendicare la morte della sua bambina. Ricordandola in flashback girati con una "superotto giocattolo" e in maniera ultradilettantesca, inseguirà a uno a uno i criminali che l'avevano investita, fuggendo dopo aver rapito la ricca borghese Paola Quattrini. Faranno pertanto una brutta fine, tra i nostri cattivi: il pasoliniano Ninetto Davoli, anch'egli recuperato dal precedente film, nelle vesti dell'autista della banda e il nostro "gangster pescivendolo", il quale, dopo una scena erotica con la Sgroi, verrà preso a coltellate in doccia con tanto di dettagli gore.
Sul versante femminile meritano una menzione la sarda Zaira Zoccheddu, incline nella sua modesta carriera a numerose scene di nudo ma che qui nostro malgrado non si spoglia mai; la futura pioniera delle luci rosse Guja Lauri Filzi, nel breve ruolo di una prostituta (mai tale parte fu più azzeccata!) e la spogliarellista Martine Carel, carampana con fisico da pin-up davvero niente male e che sarà violentata dalla nostra allegra e simpatica brigata di criminali. Scene di nudo e violenza carnale anche per la ricca borghese Paola Quattrini: fingendo di concedersi al cattivissimo Rick Boyd (al secolo Federico Boido), si libererà di lui con una sorprendente "matitata" nel bulbo oculare in una scena veramente splatter ma che più splatter non si può!!
Completano la "messinesità" dell'incredibile cast il cantantino di quarta fascia Nico Tirone (in arte Nico dei Gabbiani), già leader di un ultraminore gruppo beat, nel ruolo del giornalista; il teatrante Massimo Mollica, nella parte del ricco imprenditore sposato alla bella Quattrini; il gruppo folkloristico dei "Canterini Peloritani di Lillo Alessandro", che si esibisce in un ristorante tipico al cospetto del pesciaio con relativa pupattola e figuranti talmente brutti da far vergogna all'intera comunità siciliana.
Colonna sonora a firma di Alberto Baldan Bembo che si dibatte malamente tra motivi struggenti e pallide imitazioni degli score dei vari Micalizzi e Cipriani a sostegno delle sgangherate scene d'azione.
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