Regia di Mario Gariazzo vedi scheda film
La mano spietata della legge è un poliziesco soltanto parzialmente definibile "all'italiana"; ci sono gli elementi tipici del filone nostrano (la violenza spasmodica, la città in mano alla delinquenza organizzata, gli sbirri 'al di sopra della legge', il concetto di giustizia reso soggettivo), ma c'è anche una trama giallo/thriller abbastanza atipica per il genere, con finale amaro di denuncia che può richiamarsi facilmente al cinema cosiddetto 'civile'. Eppure l'opera di Gariazzo, con le dovute differenze, arriva quattro anni dopo Il commissario Pepe di Ettore Scola, nel quale il protagonista eponimo interpretato da Ugo Tognazzi si ritrovava sostanzialmente incastrato in una situazione parecchio simile a quella qui raccontata, e con la medesima morale: in una società corrotta fino alle sue radici, forze dell'ordine comprese, la mela marcia è colui che crede di poter ripristinare la legalità e sistemare i torti. Gariazzo non è Scola, ma in questa occasione si difende abbastanza bene; è anche sceneggiatore e ha a disposizione un cast interessante, composto fra gli altri da Philippe Leroy, Klaus Kinski, Cyril Cusack, con parti marginali per Lincoln Tate, Marino Masè e Fausto Tozzi. Negli anni successivi firmerà come Roy Garrett una serie di commediole sguaiate a forte tasso erotico, annullando le buone prospettive auspicabili alla visione di questo lavoro. Non male anche le musiche di Stelvio Cipriani. 4,5/10.
Un commissario di polizia riesce a insinuarsi fra i loschi intrighi di bande criminali, ma quello che viene a scoprire mette a repentaglio la sua vita e l'istituzione di cui fa parte. Verrà perciò trasferito, giunto a un passo dalla verità.
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