Regia di Sam Mendes vedi scheda film
Se non ho sbagliato il conto, in ordine cronologico è stata la terza fatica registica di Mendes (a suo modo anche molto intensa e drammatica oltre che di forte impatto emotivo sullo spettatore).
Qual'è dunque il suo peccato originale? Quello di ricordare troppo da vicino proprio nella dinamica e nell'esecuzione pratica del racconto, molte pellicole ben più compatte e riuscite di questa.
I riferimenti sono davvero tanti (si potrebbe addirittura parlare di "citazionismo esasperato" soprattutto per quel che riguarda il debito che il film ha verso Kubrick e il suo "Full Metal Jacket". Qui si rasenta infatti quasi il "copia e incolla" soprattutto nella fase dell'addestramento militare.
E' dunque questo fastidioso senso di "già visto" che frena pesantemente l'emozione? Sicuramente sì.
Va comunque riconosciuta al regista una buona capacità nel rendere omogenee e non stridenti tutte le sollecitazioni e i riferimenti che ha saccheggiato dal passato cinematografico (soprattutto americano).
Personalmente però devo addebitargli (è un'opinione strettamente personale e come tate discutibilissima) una certa ambiguità di fondo che almeno a me ha creato qualche disturbo e mi ha reso il tutto meno positivo di quanto forse era nelle intenzioni di Mendes il risultato complessivo dell'opera. Mi spiego meglio: certamente è un'ulteriore tassello che si aggiunge alla nutrita serie di pellicole sull'assurdità della guerra (di ogni guerra) e questo è indubbiamente un dato positivo, anche se poi alla fine il film prosegue un poco a corrente alternata e spesso allenta la tenensione.
Infatti. mentre la strepitosa fotografia di Roger Deakins (soprattutto le immagini della parte iniziale) riescono sempre a mantenere vigile e attiva l'attenzione dello spettatore (ottima e insolita la tavolozza cromatica dei colori) lo stesso non si può dire per quel che riguarda lo svolgimento composito del racconto che trova le sue punte di eccellenza solo quando rappresenta l'apocalisse assoluta e sconvolgente dei pozzi di petrolio in fiamme fra corpi e strumenti di guerra carbonizzati sotto un cielo infernale offuscato da fumo e fiamme, perfetta cornice di un incubbo che sintetizza la stupidità di un gioco al massacro che si consuma nell'attesa (qualche crtico ha scritto a suo tempo che gli ha ricordato "Il deserto dei Tartari", che a me sembra essere però un riferimento gratuito e poco veritiero) di un evento agognato e terribile ed effettivamente esecrabile.
Sequenze che amplificano rendole ancor più evidenti, le angosce personali (e la follia collettiva del contesto) di uomini costretti a trascorrere giorni tutti uguali e vuoti dentro a una situazione davvero da tregenda.
Per me però si tratta di valori che non riescono a nonilitare del tutto un film per più di un verso anche un poco zoppicante e che deve fermarsi nellla sua valutazione complessiva, solo alla sufficienza.
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