Regia di Sam Mendes vedi scheda film
Jarhead vuol dire “testa di barattolo”, un contenitore vuoto, e in gergo indica i Marine, rapati, duri, sovreccitati da sergenti d’acciaio e da esercitazioni sovrumane. Non marciano, corrono; giocano a rugby sotto il sole indossando l’attrezzatura antigas; scommettono sui combattimenti tra scorpioni, si ubriacano, guardano film porno o, meglio, l’attacco degli elicotteri di Apocalypse Now. Tratto dal bestseller di Anthony Swofford sulla sua esperienza nella prima Guerra del Golfo, Jarhead racconta la vita da campo dei Marine e l’eccitazione indotta dall’attesa, in mezzo al deserto, di un attacco nemico. Non è un film di guerra: della guerra si vedono solo fuochi in lontananza, qualche tiro ravvicinato di un cecchino, le conseguenze dell’incendio dei pozzi petroliferi. Ma la Guerra del Golfo, anche in televisione, chi l’ha mai vista? Non è mai stata niente di più che fuochi nella pianura. In compenso, si vedono e si citano molti altri film di guerra: tutta la prima sequenza dell’addestramento è la riproduzione testuale dell’inizio di Full Metal Jacket (e ci vuole un coraggio da leone - o una grande presunzione - per copiare Kubrick), poi arrivano una notte di Natale presa di peso da Apocalypse, scherzi e lazzi stile M.A.S.H., persino un’apparizione di camionette nel deserto che rimanda al celebre “miraggio” di Lawrence d’Arabia. Completamente citazionistico, da film con umori e intenti diversi, appesantito da un fastidioso déjà-vu, procede solenne verso la propria “tesi”: un fucile è un fucile e un colpo “giusto” bisogna pur spararlo, la guerra altera per sempre la psiche di chi vi partecipa, ma resta la testosteronica solidarietà tra commilitoni. Non un granché. Dal sopravvalutato Sam Mendes.
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