Regia di Rainer Werner Fassbinder vedi scheda film
Focus femminile, rapporti di coppia, schemi violenti inseriti nella routine/normalità piccolo borghese, i suoi attori: insomma il Fassbinder che ti aspetti e vuoi vedere sempre.
Paura della Paura si inserisce temporalmente ad hoc nella corposa filmografia del genio tedesco fra Martha, La Paura Mangia l'Anima e Il Diritto del più Forte, consolidando il 'muro' artistico del pensiero Fassbinderiano. Il controllo della messinscena è ormai solido e permette al messaggio autoriale di espandersi con efficacia sorprendente, da un lato colpendo con i contenuti e dall'altro con le immagini, il montaggio e la resa attoriale. Il Suo cast: meravigliosa Carstensen dominatrice del testo con degli uomini in ruoli non decisivi nel dramma, infati la donna è sia vittima che carnefice, lasciando così la concentrazione dello spettatore incentrata sul meccanismo, non sul chi ma sul cosa: lo schema sociale generatore del 'male dentro'. Questo artificio narrativo aumenta il pessimismo, togliendo responsabilità del 'micro' e indica il problema in una visione espansa, 'macro', opprimente, lacerante. Tanto è vero che il marito è tragicamente e colpevolmente indifferente ma ama la protagonista, il cognato è l'unico che cerca di aiutarla, il dottore la seduce ma non è mai aggressivo se mai comprensivo, il malato di mente le sorride e rimane una guida anche (e specialmente) con la sua scomparsa. Sono le altre figure femminili (la suocera, la cognata, la dipendente della farmacia) a calamitare gli accenti negativi convogliati con rigore e ferocia dall'autore, ponendo la questione di chi sopprime e sfrutta chi. Il gioco si complica: la preda diventa succube e incapace di ogni reazione contro il predatore, la trappola sociale è perfetta, il disegno lascia poche speranze, però Margot sopravvive e nella sofferenza accarezza barlumi di emancipazione e libertà, questa è già una vittoria...
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