Regia di Rainer Werner Fassbinder vedi scheda film
Tra le trasposizioni cinematografiche di Fassbinder da lavori teatrali figura anche il notissimo Casa di bambola ibseniano (testo che mi colpì fortemente fin dalla prima lettura alla scuola media). In Nora Helmer spiccano il carattere e l'atmosfera del Kammerspiel (ricordiamo naturalmente e soprattutto l'anteriore Le lacrime amare di Petra von Kant), ma con una ristrettezza spaziale che non può tuttavia soffocare e irrigidire l'anima del film. Fassbinder potenzia allo stesso tempo sia il cuore della teatralità che la visione dell'obiettivo della mdp: la recitazione dimessa (ma piena di sfumature e direttamente penetrante nello spirito) è incarnata e modellata dai movimenti precisamente calcolati, artisticamente disposti come un quadro vivente; i corpi e i costumi diventano forti poli relazionali all'interno di una immagine raffinata, fino ad essere come il frutto delle linee e dei disegni geometrici della scenografia, la quale inoltre nasconde spesso, lasciandoli solo intravedere, i volti dei personaggi in un gioco soffuso chiaramente metaforico, in mezzo a sotterfugi e segreti.
Cast eccellente (sette ruoli e senza bambini) con una Nora seducente e decadente (M. Carstensen) e un Torvald sottilmente inquietante (J. Hansen, che ricorda quasi l'Helmut di Martha).
Nella implacabile analisi sociale di Fassbinder non poteva mancare un omaggio ad Ibsen, con un soggetto che entra a pennello nella sua produzione. 7 1/2
Magnifiche citazioni musicali tra cui spicca l'ingenua, pura, perlacea e malinconica dolcezza del secondo movimento dal Concerto per pianoforte e orchestra di Edvard Grieg.
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