Regia di Rainer Werner Fassbinder vedi scheda film
Schopenhauer iniziava il suo capolavoro filosofico asserendo «il mondo è una mia rappresentazione. Ecco una verità valida per ogni essere vivente e pensante». Ed aveva ragione, sia filosoficamente che praticamente, almeno finché, con l'avvento ed il progresso degli studi cibernetici e dello sviluppo dei computer, ma anche con la stasi se non il regresso dell'etica, il mondo non sarà che una proiezione creata da programmatori poco coscienziosi. Con una scienza (pubblica) segretamente asservita al profitto, viene creato un mondo parallelo, indistinguibile da quello reale e per certi versi fungibile con esso, forse allo scopo di confinarvi convenientemente i dubbi etici legati a questo utilizzo del sapere umano.
Quasi trent'anni prima di Matrix e di A.I., Fassbinder propone una lettura della fantascienza, tanto più inquietante, per quanto il mondo pensato e creato dai programmatori è simile a quello «reale». E per mondo intendo non soltanto gli ambienti naturali e le architetture urbane, ma anche e soprattutto le persone.
Attraverso un'avvincente messinscena che si avvale di risorse televisive pubbliche (della WDR), Fassbinder racconta un mondo - anzi due - privato della qualità di cui avrebbe più bisogno (e che gli dovrebbe essere connaturata) per sopravvivere, cioè l'umanità. È infatti quasi completamente disumanizzato, sebbene popolato da parvenze di uomini, il mondo creato dal programma Simulacron-1, considerato che con un tratto di penna (o cambiando qualche byte) si può cancellare dalla memoria intere esistenze di persone.
Con opere come questa, di fantascienza intelligente, il pubblico televisivo, notoriamente meno consapevole di quello cinematografico, viene avvertito dei pericoli di uno sviluppo scientifico e tecnologico spogliato dei valori di umanità che gli dovrebbero essere consoni. Fassbinder riesce in questo intento "culturale" attraverso una narrazione che inizia piana e diventa sempre più vitale ed avvincente, mano a mano che si aderisce ai dubbi e alle angosce del protagonista Fred Stiller, interpretato dall'ottimo Klaus Löwitsch, contornato dal consueto stuolo di validi attori fassbinderiani.
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