Regia di Rainer Werner Fassbinder vedi scheda film
Il vagabondo si risveglia, erra, dialoga con il contesto. Una città, una periferia, una strada grottescamente svuotata dai colori, un bianco e nero inflessibile e asfissiante, un mondo che sputa fuori dai dettagli meno volontari indicazioni su che strada scegliere, su dove indirizzare la propria esistenza, su come le carte si stiano confondendo e tutto ceda il posto a un piccolo caos imploso, allucinato, attonito. Il contesto dialoga, ma è allo stesso tempo indifferente, lancia piccoli gesti maliziosi e lascia intendere tantissimo e pochissimo. Propone forse un male peggiore della semplice indifferenza. Una realtà su (dis)misura per l'uomo, una pistola uscita dal nulla e presa dal pavimento come invito implicito all'autoannichilimento. Il tentativo di abbandonarla non ha effetto. Di fronte all'incapacità di scelta, sotto lo sguardo minaccioso di volti, luoghi, finestre e regia, il Vagabondo bussa ad una porta, dopo aver fumato una sigaretta trovata per terra. "Mi serve il bagno per suicidarmi". Già dal primo cortometraggio di Rainer Werner Fassbinder si avverte l'impellente ed equilibrata capacità di lanciare un soffocato urlo di dolore, che possa affrontare il ridicolo, la varietà e l'immobilità, una volta compreso che il mondo con noi sta solo giocando a torello, dai due lati si lancia la pistola che è la nostra stessa vita (o morte), e questo gioco è talmente cinico da schiacciarci, inesorabilmente.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta