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Attentato al pudore

Regia di André Cayatte vedi scheda film

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La recensione su Attentato al pudore

di hupp2000
8 stelle

In un paesello della Normandia, l’insegnante Jean Doucet è accusato da una sua allieva di molestie sessuali. Nel corso della conseguente inchiesta, una seconda studentessa dichiara di aver subito a sua volta le avances del professore e una terza dichiara di esserne diventata addirittura l’amante. L’intero villaggio è scosso, Jean Doucet viene arrestato, ma la moglie Suzanne, convinta dell’innocenza del marito, intraprende la sua personale battaglia per ristabilire la verità.

 

Avvincente film nel quale si ritrovano i temi cari al regista ed ex-avvocato André Cayatte: giustizia e ingiustizia, verità e menzogna, rettitudine morale e sbandamento. L’atmosfera della provincia, dove gente gretta e pecorona è pronta a sacrificare chiunque in funzione di una verità che ha pregiudizialemente deciso di prendere per buona, ricorda i ritratti sferzanti di Claude Chabrol. Non meno meschini appaiono i funzionari di polizia, con la loro pruriginosa e quasi oscena curiosità durante gli interrogatori delle ragazzine. Alle prese con il suo primo ruolo da protagonista in un lungometraggio, Jacques Brel colpisce per il suo pacato senso del dramma. Per quanto colpito e indignato, non perde quasi mai le staffe, si difende come può di fronte ad accuse difficili da controbattere, restando in ogni momento fedele a se stesso e, soprattutto, alla moglie, un’ancor giovane e molto bella Emmanuelle Riva, come sempre affascinante ed efficace. Negli anni successivi, Jacques Brel tornerà a più riprese davanti alla macchina da presa, prevalentemente in commedie di sicuro successo commerciale come “Mon oncle Benjamin” (1969) e “L’emmerdeur” (1973) entrambi di Edouard Molinaro, o “L’avventura è l’avventura”di Claude Lelouch (1972). Certamente più noto come compositore e cantante che come attore, trova qui un ruolo drammatico di grande spessore, tanto da chiedersi perché non fu usato più spesso in questa veste. Come commediante o attore comico, infatti, ebbe la fortuna di imbattersi in grandi registi e buone sceneggiature, ma non si può dire che fosse un fuoriclasse.

 

L’impianto e lo svolgimento di “Les risques du métier” somigliano talmente al recente “Il sospetto” (2012) di Thomas Vinterberg, dall’avermi fatto sospettare che il regista danese conoscesse questo altrettanto intenso film di André Cayatte. Sottile il titolo originale, stupido e  fuorviante quello italiano.

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