Regia di J. Lee Thompson vedi scheda film
Dopo i primi tre capitoli davvero interessanti ecco che arriva il capitolo più fiacco, più standard e vicino alla struttura ufficiale di ogni cop-movie degli anni ’80. In più, come l’epoca voleva, ecco che si fa sempre un gran uso di armi, sempre più grandi e sofisticate, e c’è pure di mezzo la mafia. Purtroppo insistendo sull’indagine del nostro Paul Kersey viene meno l’idea eversiva del primo film. Se infatti il secondo era una bella fotocopia del primo, e il terzo un gioco iperbolico dai contorni inquietanti e allucinati, questo quarto capitolo perde tutto lo smalto originario della figura del giustiziere. Rimane solo il granitico Charles Bronson, purtroppo buttato nella mischia senza esaltsarne le caratteristiche personali, a non farci rimpiangere il “giustiziere”, incarnazione delle contraddizioni americane su ciò che sia giusto o ingiusto, soprattutto in termini di giustizia personale e armata. Qui Kersey viene addirittura assoldato da un finto uomo di classe che vuole ripulire la città dalla feccia criminale, invece di essere Kersey stesso il promotore di un azione eversiva spesso confusa con reazionaria e fascista. Sorte che era toccata anche ai capolavori di Papà Doyle e dell’Ispettore Callahan. Nel quarto capitolo tutto tende alla giustificazione invece che allo sconcerto e alla provocazione dei primi tre capitoli.
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