Regia di James Mangold vedi scheda film
I primi 36 anni della vita del "Man in Black", il country singer Johnny Cash, dalla poverissima infanzia funestata dalla scomparsa dell'adorato fratello maggiore e dai primi tentativi musicali, fino al successo, alla farmacodipendenza e alla rinascita grazie alla fede in Dio e all'amore per la collega June Carter. Il film di James Mangold è il classico biopic sul percorso catartico di ascesa-caduta-redenzione di un artista, con l'inevitabile corollario di conflitti (il rapporto difficile e mai appagante con la prima moglie Viv e con un padre duro ed anafettivo), sensi di colpa latenti (la morte del fratello) e faticosa ricerca di un equilibrio esistenziale. I pochissimi che seguono regolarmente le mie recensioni probabilmente ricorderanno che non amo le pellicole che pretendono di sintetizzare una vita intera in un paio d'ore e "Quando l'amore brucia l'anima" non sfugge a questa mia idiosincrasia: la complessità e i chiaroscuri della vita dell'uomo e artista Johnny Cash ne escono inevitabilmente appiattiti e banalizzati per concentrarsi sul fiacco e risaputo filone narrativo di un difficile rapporto edipico e sulla storia d'amore con June Carter, ricostruita in maniera fin troppo idealistica e finanche adolescenziale, a cominciare dall'improbabile finale consolatorio all'insegna del "e vissero tutti felici, contenti e disintossicati" (in realtà Cash, dopo il 1968 in cui si chiude il film, ebbe diverse ricadute nella dipendenza da droga e farmaci con continui tentativi di recupero presso rehabs e simili). Scorrevole ma senza grandi guizzi, "Quando l'amore brucia l'anima", diretto in maniera asciutta ed elegante dal bravo James Mangold, scivola via gradevole senza lasciare particolari tracce e si candida naturalmente ad essere il classico film "da tre stelle", senza infamia e senza particolare lode, se non fosse per la strepitosa interpretazione dei due protagonisti Joaquim Phoenix e Reese Whiterspoon (due attori che, peraltro, non ho mai sopportato) decisamente alla migliore interpretazione della loro carriera, intensi e bravissimi (sebbene non molto somiglianti agli "originali"), anche nel non certo facile compito di ricantare i brani del duo Cash/Carter. Sono loro gli unici grandi vincitori di un film che, per il resto, non eccelle per brillantezza del cast (da segnalare solo un glaciale Robert Patrick e una irritante come da esigenze di copione Ginnifer Goodwin): sono loro il valore aggiunto della pellicola e la quarta stella della mia opinione.
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