Regia di Krzysztof Kieslowski vedi scheda film
Apologo aperto, enigmatico, forse irrisolto, sul rapporto fra individuo e Potere, declinato nella variante della riflessione sul cinema come mezzo destabilizzatore. La materia è complessa, alcuni personaggi restano sfocati (come la bella donna della giuria, con cui il protagonista ha un breve flirt), la sceneggiatura arranca un po' nel dispiegare la vicenda, concedendosi addirittura parentesi oniriche dal sapore bunueliano (il sogno ricorrente della moglie, con i pulcini sbranati da un corvo, forse una duplice metafora della "voracità" tanto del Potere quanto della cinepresa). Non mancano i momenti toccanti, come il documentario del vecchio dipendente che descrive la sua umilissima vita con la moglie o le riprese del becchino che guida sorridente il carro funebre mentre la madre lo osserva dall finestra; e il cammeo di Zanussi introduce un elemento meta-filmico che se da una parte chiarisce alcuni aspetti tematici, dall'altra mette ulteriore carne al fuoco. Tuttavia, la vera forza di questo film risiede nella performance memorabile di J. Stuhr, a mio avviso uno dei più grandi attori di tutti i tempi, e in una regia capace di ovviare ai limiti della sceneggiatura, imprimendo alla pellicola una tensione strisciante, in modo da rappresentare efficacemente l'angoscia dell'Uomo messo sotto scacco dallo Stato.
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