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Lo scugnizzo

Regia di Alfonso Brescia vedi scheda film

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La recensione su Lo scugnizzo

di mm40
2 stelle

Lo scugnizzo Gennarino vive con la madre, sola, cantante di strada. La donna si ammala e il piccolo fa di tutto per racimolare il denaro necessario a curarla, dedicandosi alla delinquenza. Nemmeno il tempo di uscire dal riformatorio che Gennarino deve assistere alla morte della madre.


La collaborazione tra Mario Merola e Alfonso Brescia prende piede nel 1978 con L'ultimo guappo; no, in questa pellicola il cantante partenopeo non è presente, ma è da considerarsi una sorta di spin off della coeva produzione che lo vede protagonista, diretto spesso e volentieri da Brescia. Che qui firma la sceneggiatura insieme a due volponi del cinema di genere: Piero Regnoli, autore di infiniti copioni, spesso e volentieri basati sul nulla assoluto; e Ciro Ippolito, già produttore de L'ultimo guappo e futuro regista di qualche ulteriore lacrima movie in salsa napoletana, nonché dei due film degli Squallor, Arrapaho (1984) e Uccelli d'Italia (1985). Lo scugnizzo è l'essenza del melodramma più catastrofico made in Italy, che in quegli anni stava vivendo un'epoca di discreto successo; l'aggiunta della componente napoletana gravida di stereotipi sulla città e la sua gente (il grande cuore e i camorristi, la spiccata propensione verso l'arte e la miseria) non fa che aggiungere una patina di patetico che tutto sommato non guasta. Tra i protagonisti ci sono il piccolo Marco Girondino, che in quegli anni lavorò spesso con Brescia a partire da Napoli... serenata calibro 9 (1978), altro Merola-movie; e poi la cantante Angela Luce, Rik Battaglia, Nino Vingelli, Gianni Garko e, nella parte dichiaratamente comica del film, Lucio Montanaro, che tra una disgrazia e l'altra fa la parte del leone nelle (difficili a spiegarsi) sequenze ridanciane. Un discreto guazzabuglio senza capo né coda, sostanzialmente. 2/10.

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