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Nevada Smith

Regia di Henry Hathaway vedi scheda film

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La recensione su Nevada Smith

di scapigliato
8 stelle

Un giovane meticcio assiste impotente al massacro dei suoi genitori. I responsabili sono tre desesperados i cui volti sono quelli di tre farabutti di razza come Martin Landau, Arthur Kennedy e Karl Malden. Il giovane meticcio, che altri non è che Steve McQueen reduce dai sui primi successi, “La Grande Fuga” su tutti, parte all’attacco e fa di tutto per trovarli.
Henry Hathaway firma un western solido, duro, che ogni tanto si lascia andare in qualche sbavatura infelice come tutta la sequenza “religiosa” con Raf Vallonne, ma che per la gran parte della pellicola sfoggia un ritmo ed un’incisività narrativa ottimi. É picaresco l’itere della sceneggiatura, a cui non interessa raccontare con compattezza la vicenda di rabbia e vendetta del meticcio, bensì dilatare la sua esperienza per il mondo (quello per lui conoscibile), fatto di incontri e avventure varie: i tre horsemen che scambia per i tre assassini, il Brian Keith, senza velo da sposa, che vende armi e gli insegna a sparare ma non ad uccidere (capirai!), il suo primo morto ammazzato, il buen retiro all’accampamento Kiowa, la detenzione nella prigione della Louisiana, la fuga nella palude, il suo secondo morto ammazzato, la parentesi religiosa al monastero, l’intrusione nella banda del suo ultimo nemico e il confronto finale con quest’ultimo, ovvero con un grintoso e invasato Karl Malden. Per tutto il film aleggia l’idea che Nevada Smith, nome posticcio che il meticcio Max Sand s’inventa sul finale della storia, sia impotente. Un’impotenza rintracciabile nel rifiuto, quasi infantile, del protagonista verso tutte le donne con cui si incontra. Noi effettivamente non vediamo se consuma sessualmente oppure no, ma è molto probabile che questa foschia sessuale sia voluta appunto per incidere su questa situazione asessuale in cui versa il personaggio di Steve McQueen. Solo con una donna, Pilar, lo vediamo amoreggiare senza sapere se i due consumeranno davvero, però sappiamo bene che alla base di questo trasporto affettivo c’è solo la voglia di evadere dalla prigione, e Pilar è l’unica persona che può aiutarlo. Freddo e calcolatore, Nevada Smith porta su un piano sessuale il suo odio vendicativo e rabbioso, facendo dell’impotenza la caratteristica principale e monitiva del suo personaggio. Un’impotenza accentuata dal fatto che è appiccicata ad uno Steve McQueen che nel film di Hathaway è di una carica erotica superiore a quella dei suoi ruoli precedenti, forse dovuta anche all’impasse in cui si trova il suo personaggio. Volere e non potere è da sempre un corto circuito incendiario, deflagatore di violenze di vario genere.
A parte la lungaggine moralista del frate interpretato da Raf Vallone, il film di Henry Hathaway resta impresso negli occhi sia per il luciferino Martin Landau, sia per l’inusuale scenario della palude louisiana, sia per il Karl Malden che chiude la carrellata dei villains di turno, e soprattutto per la giganteria dei paesaggi e di Steve McQueen, qui in uno dei suoi ruoli più intensi e misurati.

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