Regia di Henry Hathaway vedi scheda film
Bello, proprio bello. Mi aspettavo un Hathaway minore, ma devo proprio convincermi che questo nome è una garanzia. Il titolo italiano è infelice, poiché non si capisce a cosa si riferisce; in America, invece, per fare le telefonate prima della teleselezione, si diceva proprio così. Inizia come una cronaca o un resoconto, per sfumare abbastanza velocemente nel cinema vero e proprio, con personaggi, situazioni e trama, oltre che a un'ottima drammatizzazione. La vicenda è intensa e la si segue con vera partecipazione, benché - e questo è un merito - il tono di Hathaway sia antispettacolare e scarno, senza enfasi o momenti forti nel senso tradizionale. Il film però è solidissimo e la sua compattezza non conosce un momento di stanca. Io ritengo una cosa: la grandezza di un film la si vede anche dalla resa dei momenti in cui non si parla, e magari si vede solo il personaggio camminare o guardarsi attorno pensoso. Se quei momenti reggono bene, allora si tratta di un grande film. E questo è uno. Stewart è come sempre grande, e rende benissimo il personaggio del giornalista svogliato e forse un po' cinico, il quale, riconosciuto il valore umano di quanto si è trovato a fare, vi si getta con impegno credendoci sinceramente. Certo nel cinema dell'epoca vi sono rappresentazioni del mondo della stampa di tutt'altro tono, certamente rispondenti a verità, ma bisogna riconosce che gli uomini di valore sono sempre esistiti anche in quegli ambienti, benché forse sparuti tra i tanti opportunisti e corrotti. A proposito, i cinici, i meschini, coloro che mettono il buon nome della polizia o del giornale al di sopra della verità e della giustizia non mancano neppure in questa pellicola. Essi dimenticano - e oggi accade ancor di più - che fa molto più bella figura un'istituzione che denuncia gli errori e radia i corrotti, di una che difende gli uni e gli altri (come si dice alla fine del film). Esso è una specie di "Tutti gli uomini del presidente", solo che l'indagine procede nella direzione opposta. Riusciti e realistici sono tutti i personaggi, come quello della povera madre e quello della ex gestrice di un locale clandestino. Interessante e originale l'annotazione della questione del matrimonio indissolubile e della macchina della verità. Il film è anche un inno al lotta per le cose giuste e per la verità, che non deve mai trovarci svogliati o arrendevoli. La scena finale con Stewart che passeggia con le mani in tasca in secondo piano, è bellissima per sincerità ed essenzialità, e commuove più di certi altri tentativi enfatici di suscitare le lacrime a tutti i costi. Merita di più delle due stellette e mezza del Mereghetti.
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