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Giuseppe venduto dai fratelli

Regia di Irving Rapper vedi scheda film

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La recensione su Giuseppe venduto dai fratelli

di mm40
5 stelle

Giuseppe è l’ultimo di 12 fratelli e per questo il più amato dall’ormai anziano padre. Invidiosi, i fratelli lo vendono al mercato degli schiavi e Giuseppe finisce in Egitto. La moglie di Putifarre, il suo nuovo padrone, tenta di sedurlo e lui finisce in carcere, dove trova modo di farsi conoscere interpretando i sogni dei compagni di cella. La sua fama lo porta direttamente del faraone.

Siamo nel 1961, in fase discendente per l’epoca kolossal, quando cioè gli americani scoprirono Cinecittà e decisero di esportare grandi produzioni sul suolo italico. Irving Rapper accetta la supervisione di questo Giuseppe venduto dai fratelli, peplum che ricostruisce un noto episodio biblico, pur lasciando il titolo di regista a tutti gli effetti a Luciano Ricci, pratica effettivamente abituale per l’epoca (basti pensare al successivo Ponzio Pilato: anche lì un film di Irving Rapper con regia di Gian Paolo Callegari). Naturalmente però nei titoli di testa compare solo il nome ‘nobile’ del cineasta americano, mentre nei lunghi titoli di coda – un’eccezione per i tempi – quello di Ricci viene citato solamente per ultimo, al termine della lista dei collaboratori tecnici. Eccellenti, fra l’altro: Riccardo Pallottini si occupa della fotografia con Stelvio Massi e Sandro Mancori operatori alla macchina, mentre il montaggio è di Mario Serandrei e la colonna sonora del maestro Mario Nascimbene; la sceneggiatura è un lavoro a più mani che vede Ennio De Concini, Oreste Biancoli e Guglielmo Santangeli affiancati da Guy Elmes per la versione inglese (così nei crediti) e coadiuvati dalla consulenza storica etnologica di Guido Pala e da quella biblica di Jacob W. Nathan. Un lavoro insomma particolarmente accurato sia nella forma che nei contenuti, e che in effetti non sfigura affatto sullo schermo; nel cast compaiono in prima linea Geoffrey Horne, Finlay Currie, Nino Segurini, Carlo Giustini, Robert Morley, Vira Silenti e Belinda Lee in quella che sarà purtroppo la sua ultima parte: morirà in un tragico incidente stradale poco dopo la fine delle riprese; in un ruolo laterale c’è infine Mario Girotti, futuro Terence Hill. La ricostruzione è valida, la messa in scena pure, ma la storia è didascalica in ragione di una volontà di rispettare il testo di partenza e la narrazione procede un po’ svogliata fra i due snodi principali e cioè gli incontri con Putifarre e con il faraone. 5/10.

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