Regia di George Marshall vedi scheda film
L’amante indiana di Daves del 1950 dette il via al susseguirsi per tutto il decennio di western pro-indiani, o che comunque ponevano al centro della propria vicenda il problema razziale. È il caso anche di questo film di G. Marshal, prolifico regista di western in particolare negli anni ’40. Ma in questo caso lo sviluppo del tema cade spesso negli stereotipi e in una certa incoerenza ideologica. Da un lato, infatti, ritroviamo la love story tra uomo e donna appartenenti alle due razze contrapposte, o l’ufficiale pieno d’odio verso gli indiani, oppure l’happy ending assai inverosimile che si fonda sull’utopia di una pace duratura. Dall’altra, per non parlare già in partenza del personaggio di Heston come bianco adottato dai pellerossa e divenuto un vero e proprio leader della tribù, non possono che destare perplessità alcune ambiguità comportamentali del protagonista. Innanzitutto questi si serve di uno squadrone di cavalleria per distruggere il villaggio dei Crow (in cui Marshall sembra vedere più degli animali feroci che degli uomini)e poi libera i prigionieri; in seguito si fa guidare dal triste ricordo della perdita della propria famiglia dimenticando l’impegno preso nei confronti del suo vero popolo; infine sceglie di rimanere fra i bianchi, spinto anche dall’amore verso la ragazza. In conclusione, quindi, un film che dà solo l’apparenza della sincerità, privilegiando un punto di vista che non prende alcuna posizione. E pertanto le qualità del film sono da ricercarsi altrove, quasi unicamente nella bellezza della regione delle Colline Nere in Sud Dakota, dove la pellicola è stata girata, con l’ottima fotografia di John F. Seitz, e un senso dello spazio che il regista sa gestire con una certa abilità, soprattutto nelle scene di battaglia. Apprezzabili, anche se assai inconcludenti, i tentativi di omaggiare John Ford: si pensi alla scena del ballo o alla partenza dei soldati dal forte. Il cast se la cava con sufficienza; non un granché, però, la sceneggiatura di L. Foreman e le musiche anonime di Paul Sawtell.
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