Regia di Silvio Amadio vedi scheda film
Disavventure licenziose in un convento di frati tutt'altro che irreprensibili.
Questo film forma un ideale dittico con ...e si salvò solo l'Aretino Pietro con una mano avanti e l'altra dietro, uscito pochi mesi prima a firma dello stesso Silvio Amadio e con un cast piuttosto simile: un'accoppiata di pellicole a bassissimo costo, intrise di erotismo facilotto e umorismo pecoreccio, ascrivibili al genere decamerotico. Se nel primo capitolo l'ispirazione proveniva dall'Aretino (peraltro mai citato nei crediti, percui i dubbi sull'origine letteraria sono più che leciti), qui perlomeno sappiamo con certezza che i racconti che intrecciandosi compongono la trama sono tratti dal Novellino attribuito proprio a Tommaso Guardati, ovverosia Masuccio Salernitano. Naturalmente nessuna ascendenza nobile può ritrovarsi per una commediola sguaiata e raffazzonata come questa: il Novellino, che pure non è testo particolarmente significativo nella storia della letteratura italiana, è un semplice pretesto per mettere in scena le solite barzellette triviali a base di frati porcelloni e ragazze pudiche in pubblico quanto disinibite in privato. La povertà del progetto trasuda in ogni fotogramma, cosa che può anche essere vista con una certa nostalgia verso un'epoca in cui per girare un film e mandarlo in sala occorrevano davvero pochi sforzi. Fra gli interpreti: Giorgio Favretto, Silvio Spaccesi, Vincenzo Ferro, Romano Bernardi, Carmen Silva, Dorit Henke, Piero Lulli e Barbara Marzano; apprezzabile la colonna sonora di Roberto Pregadio, con immancabile (per il genere) tema demenziale in apertura, sui titoli di testa. 2/10.
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