Regia di J. Lee Thompson vedi scheda film
Attraversare il deserto è sempre stata un'impresa ai limiti dell'impossibile, tra pericoli provenienti dalla natura e dagli uomini.
Davvero mi è piaciuto questo film, che non conoscevo prima che Raimovie iniziasse a trasmetterlo con una certa frequenza in orari poco frequentati. Fra l'altro, il film è stato digitalizzato nel miglior modo possibile, con risultati notevoli nella qualità dell'immagine. La poca notorietà di cui gode, però (nonostante gli attori), non gli rende giustizia.
Il cinema inglese degli anni '50 e '60 sembrava avere una predilezione per i film di guerra con... poca guerra; dove si narra di drappelli di soldati o pattuglie alle prese con condizioni di vita estreme: giungla, deserto, fame e sete, pericoli e viaggi spossanti. Cito alcuni begli esemplari che mi vengono in mente: “La pattuglia dei sette”, “Pianura rossa”, “La mia vita comincia in Malesia”.
Questa pellicola è ambientata tra Libia ed Egitto, dove un manipolo di soldati e soldatesse, trovatisi assieme per caso, devono compiere una traversata del deserto per raggiungere Alessandria.
Il regista narra questo viaggio pericolosissimo e spossante con mano ferma e una buona tensione. A proposito di quest'ultima, è esemplare l'attraversamento del campo minato, anche per l'originalità degli espedienti narrativi.
In generale, la pellicola conferisce un messaggio di pace, nel senso del superamento delle barriere artificiose che dividono gli uomini, e del dovere di questi di collaborare ed aiutarsi nelle situazioni difficili. Condizione, questa, indispensabile per il felice superamento delle stesse.
I protagonisti, cioè, sono quasi costretti a collaborare e ad aiutarsi per poter uscirne vivi. E anche le loro barriere mentali, in tal modo, cadranno, lasciando nascere stima e amicizia quantunque altri li vorrebbero nemici.
Colpisce anche l'elemento, che rimane un po' in sordina, dell'ambulanza lasciata passare dai tedeschi in virtù della ragazza ferita che stanno trasportando. A volte basta un filo di pietà per fare molto del bene...
Buone sono anche le caratterizzazioni psicologiche dei personaggi, e l'analisi delle dinamiche tra di loro.
Tra gli attori ricordo due nomi discretamente noti del cinema inglese: John Mills e Anthony Quayle, il quale qualcuno ricorderà in “Incompreso” di Luigi Comencini.
Penso che sia una pellicola in grado di piacere quasi a tutti.
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