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L'Étrangleur

Regia di Paul Vecchiali vedi scheda film

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John_Nada1975

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La recensione su L'Étrangleur

di John_Nada1975
6 stelle

C'è un momento che è veramente memorabile, ed è la lunga e visionaria sequenza notturna(come quasi tutto il film) in parziale piano sequenza, di violenza, sommosse vari, saccheggi, stupri, omicidi e rapine, accoltellamenti, assalti e sparatorie, con le maschere tipo Dia de Los Muertos, che riecheggia curiosamente una analoga de "Il Giorno della Locusta" di John Schlesinger.

Delira il recensore francese che vi vede in divenire "la violenza lepenista rappresentata", e la "mancanza di una rappresentazione delle diversità etniche", altre amenità, che poi nella Francia del 1972 già c'erano eccome da tanti anni e si intravedono pure nel film, ma forse il recensore avrebbe voluto un Jacques Perrin nero, o forse tutti o protagonisti Julien Guiomar compreso.

Distribuito dalla CIC-Cinema International Corporation quindi la stessa Universal, come un altro esempio personale e fuori dagli schemi di "thriller su un assassino seriale" diremmo oggi, che è "Quattro mosche di velluto grigio" l'anno prima.

Vecchiali si cimenta qui con il genere citato, ma continuamente sabotandolo con delle scelte di racconto e raccordi onirici e intimistici, da cinema d'autore tipicamente europeo, che pochi altri registi avrebbero adottato, magari anche a rischio e questo capita, di rallentare troppo il ritmo e frammentare la funzione narrativa. Vedasi ad esempio le parti ben presto tralasciate sullo sfondo e con un fondo grottesco estremo, di indagine della polizia che per un caso così eclatante di omicidi, sono rappresentate da due-tre soli poliziotti, comandati dall'anticonvenzionale a dir poco, Ispettore impersonato da Julian Guiomar, che lascia libero il killer Perrin che in pratica si è a lui costituito, per motivazioni personali assurde.

Ma d'altronde non è in genere da ricercare certo l'adesione alla realtà e al credibile, nel cinema di Vecchiali, e che lui come ha detto ha attuato in quasi tutti i generi che ha praticato. 

Girando sempre con la consueta eleganza nonostante il congenito basso costo dei suoi film, che è evidente già nella bella sequenza iniziale trasognata che è in pratica una ellissi temporale con il protagonista e assassino da bambino, alle prese anche qui con il suo "trauma" matrice.

Di grande affondo emotivo il tema infinito della solitudine per come affrontato da Vecchiali, nel quale tutti i protagonisti sono condannati alla stessa, anche quelli maschili e non soltanto le donne prese di mira proprio per questa loro condizione.

 

C'è un momento che è veramente memorabile, ed è la lunga e visionaria sequenza notturna(come quasi tutto il film) in parziale piano sequenza, di violenza, sommosse vari, saccheggi, stupri, omicidi e rapine, accoltellamenti, assalti e sparatorie, con le maschere tipo Dia de Los Muertos, che riecheggia curiosamente una analoga de "Il Giorno della Locusta" di John Schlesinger.

Delira il recensore francese che vi vede in divenire "la violenza lepenista rappresentata", e la "mancanza di una rappresentazione delle diversità etniche", altre amenità, che poi nella Francia del 1972 già c'erano eccome da tanti anni e si intravedono pure nel film, ma forse il recensore avrebbe voluto un Jacques Perrin nero, o forse tutti o protagonisti Julien Guiomar compreso.

Distribuito dalla CIC-Cinema International Corporation quindi la stessa Universal, come un altro esempio personale e fuori dagli schemi di "thriller su un assassino seriale" diremmo oggi, che è "Quattro mosche di velluto grigio" l'anno prima.

Vecchiali si cimenta qui con il genere citato, ma continuamente sabotandolo con delle scelte di racconto e raccordi onirici e intimistici, da cinema d'autore tipicamente europeo, che pochi altri registi avrebbero adottato, magari anche a rischio e questo capita, di rallentare troppo il ritmo e frammentare la funzione narrativa. Vedasi ad esempio le parti ben presto tralasciate sullo sfondo e con un fondo grottesco estremo, di indagine della polizia che per un caso così eclatante di omicidi, sono rappresentate da due-tre soli poliziotti, comandati dall'anticonvenzionale a dir poco, Ispettore impersonato da Julian Guiomar, che lascia libero il killer Perrin che in pratica si è a lui costituito, per motivazioni personali assurde.

Ma d'altronde non è in genere da ricercare certo l'adesione alla realtà e al credibile, nel cinema di Vecchiali, e che lui come ha detto ha attuato in quasi tutti i generi che ha praticato, quasi sempre rifacendosi ai suoi Maestri dichiarati nei cromatismi e nello spirito leggero anche nelle cose trite e cupe Jacques Demy, e del realismo poetico anteguerra quali Marcel Carnè e Jean Renoir.

Girando sempre con la consueta eleganza nonostante il congenito basso costo dei suoi film, che è evidente già nella bella sequenza iniziale trasognata che è in pratica una ellissi temporale con il protagonista e assassino da bambino, alle prese anche qui con il suo "trauma" matrice.

Di grande affondo emotivo il tema infinito della solitudine per come affrontato da Vecchiali, nel quale tutti i protagonisti sono condannati alla stessa, anche quelli maschili e non soltanto le donne prese di mira proprio per questa loro condizione. E in cui ognuno è visto con partecipazione, vicinanza, pietà, molto lontano dal ruolo di meri cliché utili ad una storia gialla di donne strangolate nelle loro isolate esistenze notturne.

 

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