Regia di Vsevolod I. Pudovkin vedi scheda film
Disapprovo del tutto la scelta di Ghezzi di trasmettere una versione con le didascalie in cirillico, senza alcuna traduzione, tanto più per una pellicola che vanta una sceneggiatura insolitamente ricca di sfumature per gli standard del formalismo sovietico. La Corazzata Potemkin si può comprendere pienamente anche senza le didascalie (o il commento parlato della versione italiana), tanto è elementare la vicenda narrata; La Madre invece contiene diverse sequenze (i preparativi della rivolta e quelli dell'evasione; il processo) che, senza l'apporto delle didascalie tradotte, risultano di ardua comprensione. Ed è un peccato perchè dal punto di vista visivo/narrativo questo film è davvero straordinario. L'influenza di Eisenstein è evidente: in alcuni momenti (la marcia dei soldati, i tumulti nei corridoi del carcere, la figura stessa della madre), troviamo inquadrature che paiono uscire dritte dal Potemkin. Tuttavia, credo che, sotto certi aspetti, se mi è permessa l'eresia, l'allievo superi il maestro. Quello che rende quest'opera straordinariamente moderna è il fatto che, a differenza di quanto accade in tutte le pellicole di Eisenstein, Pudovkin non si dimostra schiavo dell'ideologia e non si limita ad una didascalica contrapposizione dialiettica fra rivoluzionari e reazionari. In Pudovkin c'è pietas, umanità, sofferenza. La recitazione è naturale, mai enfatica (ad eccesione di alcune punteggiature grottesche nella rappresentazione dei borghesi) il montaggio non eccede nelle analogie; la travolgente parte finale, con i ghiacci che si sciolgono e seguono la corrente, può essere letta sia su un piano metaforico che realistico (e le due dimensioni finiscono per intrecciarsi). Il ritmo è avvincente e la messinscena è estremamente moderna: controcampi, dettagli, gestione dello spazio e del tempo sono quelli di un cinema che punta già a superare i dettami estetici del formalismo (di cui tuttavia questa opera fa un sunto, specialmente nelle sovraimpressioni architettoniche, e addirittura anticipa talvolta l'ode alla natura di Dovzenko). Film sinceramente socialista, evita ammirevolmente la retorica, non umilia la vita privata dei personaggi e gli affetti familiari in nome della Rivoluzione, ma evidenzia con assoluta spontaneità come le traversie personali possano essere riscattate collettivamente. L'epica sfocia dal quotidiano; la coscienza di classe è il risultato di un dolore privato. Nessuna rigidità dimostrativa, nessuna arroganza simbolista. Eisenstein e Vertov erano due scienziati; Dovzenko un poeta; Pudovkin ha saputo lasciare un segno tangibile nel cinema militante rifiutando l'astrazione e rimanendo aderente alla realtà delle cose e delle persone: forse la lezione più duratura è stata la sua.
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