Regia di Giorgio Simonelli vedi scheda film
Nello stesso anno in cui usciva questo Io sono il capataz, Simonelli dava alla luce altre due pellicole: La paura fa 90 e Auguri e figli maschi, già dai titoli ancora meno intriganti di quest'opera coeva. Si trattava della serie B del cinema italiano, riconosciuta come tale già all'epoca: produzioni di budget minore con un nome di richiamo (qui chiaramente è quello di Rascel, attorno al quale tutto il film è scritto) e qualche spalla di contorno, in primis qui Luigi Pavese (ma ci sono anche Silvana Pampanini, Virgilio Riento, Nino Crisman, Mario Pisu e molti altri caratteristi di quel periodo). In ruoli minuscoli compaiono peraltro i giovanissimi Sophia Loren (ancora Sofia Scicolone) e Carlo Delle Piane. Una sceneggiatura firmata dall'esperta coppia Metz/Marchesi fornisce al protagonista l'opportunità di scatenarsi in una serie di gag a non finire, fisiche e linguistiche: ma fondamentalmente Io sono il capataz è tutto qui. Perchè la trama è davvero grossolana, i dettagli sono tirati via (la nazione in cui Rascel viene suo malgrado spedito si chiama fumettisticamente Parazuela) e come tocco finale viene inserito il classico espediente del fratello gemello, che qui sostanzialmente non esiste (è tutto un trucco escogitato dal protagonista per aver salva la vita), ma sa comunque di vecchio. Il ritmo è diluito in centodieci minuti: non pochi per una commediola di scarse pretese; la verve di Rascel però salva il salvabile, complice anche la tenuta di una spalla solida come quella di Pavese. 4/10.
Un pover'uomo ripara nottetempo in una carrozza per dormire in pace; verrà prelevato per un equivoco da alcune spie sudamericane e messo a capo di una dittatura sanguinaria, quanto scombiccherata.
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