Regia di Louis Nero vedi scheda film
L’ultimo “film” di Louis Nero, “Hans”, è il terzo capitolo della trilogia “dedicata al linguaggio cinematografico”.
Cosa sia per Nero il “linguaggio cinematografico” resta un vero mistero, che lui stesso non sembra essere riuscito a risolvere. Soprattutto non sembra aver capito che per distruggere un linguaggio bisogna prima averne padronanza.
Basterebbe parlargli chiaramente, dirgli gentilmente che il cinema non è esattamente la sua strada, e che certo, avrà altre grandi doti, ma non quella.
Invece, siamo ai livelli del peggior epigono di Ed Wood, ma senza la sua sincerità naif. Perché Nero è anche tronfiamente pieno di sé, presuntuoso, e convinto veramente di essere un “autore”, anzi “Autore”, che arriva ad inserire i titoli dei suoi lavori precedenti in una citazione della Genesi, tanto per sgombrare il campo da equivoci su chi pensi di essere.
Sto solo aspettando di sentirmi dire da qualche critico in vena di stupire che questa enorme presa in giro di qualità a dir poco amatoriale – ma si vedono filmini delle vacanze girati con maggior perizia tecnica – sia in realtà un capolavoro, per avere un quadro completo di quali siano le aberrazioni a cui il “cinema” italiano possa portare, trascinandoci tutti quanti nel baratro più profondo della totale mediocrità.
Imbarazzanti gli attori, tranne Franco Nero ed Eugenio Allegri. Imbarazzante la partecipazione di Silvano Agosti. Imbarazzanti molte delle situazioni che ci vengono proposte nello svolgersi di una trama che definire tale suona quantomeno ottimistico. Imbarazzanti le “musiche” fatte con una tastierina giocattolo. Imbarazzante la “fotografia”, consistente nel piazzare una quarzina a occhio da qualche parte per non avere la scena buia. Imbarazzante affrontare la pazzia con tanta insipienza. Imbarazzante coinvolgere attori down per rappresentazioni grottesche dei padri della psicanalasi. Imbarazzante il nano vestito di raso rosso di lynciana memoria.
La democratizzazione del mezzo introdotta dal digitale assume con operazioni come questa il carattere nefasto di una maledizione, portando le persone di buon senso a ragionamenti reazionari, o a rimpiangere il Dogma. Leggo in giro che Nero è un giovane regista, ancora immaturo. Si può giustificare una profondità poetica da turba pre-adolescenziale a chi sta per compiere trent’anni, invece di dare il giusto senso negativo al termine “immaturo”? Le opere giovanili di ogni autore, immature per forza di cose, lasciano intravedere il talento e le promesse future. Ma qua non siamo di fronte né a un novello Warhol, né a un piccolo Lynch o Aronofsky, ma nemmeno davanti alla ingenua poesia di un Tonino De Bernardi, o agli intellettualismi di Straub & Huillet, che, piacciano o meno, esprimono qualcos’altro che non sia la pienezza di sé o il mero esibizionismo.
La paura è che cose come “Hans” intasino il mercato già scarso del cinema indipendente italiano, sottraendogli risorse, spazio e soldi pubblici (e “Hans” ne ha avuti), e che creino confusione negli spettatori meno preparati, indotti a scambiare per arte o avanguardia ciò che non sanno interpretare.
Insomma, passati quarant’anni da che Piero Manzoni sintetizzò la nostra epoca creando la “Merda d’artista”, viene il sospetto che ci sia una sempre più forte carenza di artisti in circolazione.
Ah, c'era?
Un gatto su un pianoforte farebbe di meglio.
Tutto.
Buono
Non si capisce cosa ci stia a fare.
Buono e sprecato
Da dimenticare.
Quale regia?
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta