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Girolimoni, il mostro di Roma

Regia di Damiano Damiani vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Girolimoni, il mostro di Roma

di undying
8 stelle

Un errore giudiziario, realmente avvenuto, dà spunto al raffinato Damiano Damiani per ampliare la narrazione, fortemente calata nella fase d'ascesa politica di Mussolini. Ne esce un film quasi neorealista, venato da una ironia pungente e da una sottesa allusione alla situazione "attuale". Grandissimo Nino Manfredi, nei panni del protagonista.

 

locandina

Girolimoni, il mostro di Roma (1972): locandina

 

Anni 20, del XX° secolo. Durante l'ascesa del regime fascista, con Mussolini ministro dell'interno, una serie di quattro agghiaccianti delitti sconvolge Roma. Le vittime sono bambine di quattro, cinque anni: Laura Carlini, Carla Santini, Marisa Telli e Isa Mattei. La popolazione tende a vedere ovunque l'assassino, tanto da spingersi al linciaggio dell'innocente vetturino Sterbini (Mario Carotenuto), salvato dalle forze dell'ordine, ma poi spinto al suicidio per via dell'infamante accusa. Il vero colpevole è un componente della famiglia Tirabosco, Tarquinio (Gabriele Lavia), talmente folle da spingersi ad uccidere persino la nipote. Le sue azioni sono ben note a madre, moglie, cognata e fratello, familiari tutti spinti a coprirne le gesta. Nel frattempo il duce spinge per dare in pasto alla pubblica opinione un colpevole, sfruttando la situazione per rendere legale la pena di morte, da utilizzare poi a fini anche "politici". È in questa tragica circostanza che un eccentrico fotografo di nudo (Gino Girolimoni) finisce per essere indicato come "assassino ideale", complice una serie di malintesi derivati dall'intrattenere una relazione con una donna aristocratica, sposata, con la quale mantiene scambio di messaggi epistolari sfruttando una bambina assunta come inserviente nella villa dell'amante. False testimonianze, giornalismo irresponsabile, superficialità nelle indagini, fretta di individuare un colpevole per "ragion di Stato", ignoranza popolare: elementi che inchiodano - nonostante le perplessità del cronista Gianni Di Meo (Orso Maria Guerrini) e del commissario Parini (Carlo Alighiero) che arriverà a dare le dimissioni - l'innocente Girolimoni. Quando ormai il destino dell'indagato pare segnato, e comunque per l'opinione pubblica decisamente compromesso, spunta un testimone che fa crollare l'intera accusa. Per evitare di mettere in mostra il fallimento dell'indagine, Mussolini decide di porre il veto sulla libertà di stampa.

 

"La stampa deve drasticamente ignorare Girolimoni e tutto quello che si riferisce al mostro. Se qualche altra bambina verrà uccisa, basterà non parlarne. Perché se è importante ciò che la stampa scrive, è molto più importante ciò che la stampa tace."

 

Girolimoni viene rimesso quindi in libertà, ma senza che venga resa nota l'incapacità investigativa di regime che lo ha ormai indicato, pubblicamente, come "mostro di Roma", pedofilo, maniaco sessuale, violentatore di bambine...

 

locandina

Girolimoni, il mostro di Roma (1972): locandina

 

"Violentare ragazzine di cinque anni è impossibile. Dicono che le volesse violentare, ma solo per fare sensazione. Adesso che i professori sono a mangiare vuoi sapere il parere dello stronzo? Che cosa dicono i preti? Che l'origine del peccato sta lì: tra l'urina e lo sterco. E allora lui, alle bambine, gli infila un dito nella vagina, uno nell'ano, eppoi... zac. Te le spella come si accoppano i polli quando gli si leva il vescile".

(Patologo)

 

Girolimoni: un nome associato a un caso di cronaca che ha coinvolto un innocente (fatto che inevitabilmente ci ricorda - pur se avvenuto in circostanze, modi e tempi diversi - il più famoso dramma vissuto da Enzo Tortora), troppo a lungo dimenticato per la disattenta, superficiale, attività cronistica del suo tempo. Un uomo, vittima di un sistema corrotto, che meritava di essere ripagato, ma soprattutto riabilitato per la pena ingiustamente sofferta. A fare la seconda cosa nel miglior modo possibile, perlomeno in termini cinematografici, ci ha pensato il grande e indimenticabile Damiano Damiani (1922 - 2013), regista sin dagli esordi attento alle problematiche sociali, ai meccanismi fallibili della macchina giudiziaria, alle degenerazioni politiche e al condizionamento di massa; il popolo, in questo caso, ma non solo, è stato parimenti responsabile, manifestando grande ignoranza e cinico pregiudizio, alla rovina di un onesto cittadino. Dal reale fatto di cronaca Damiani, coadiuvato in sceneggiatura da Fulvio Gicca Palli (dal quale deriva probabilmente buona parte della componente ironica) ed Enrico Ribulsi, elabora un complesso lungometraggio che porta la narrazione su un piano "alto", senza rifiutare di fare un cinico, ma ahimè realistico, accostamento tra ieri e oggi, come tragicamente espresso in un finale strappalacrime: sono passati oltre trent'anni da quando Girolimoni è stato dimesso, Roma si è evoluta, non circolano più vetturini in calesse ma le vie della città sono freneticamente attraversate da auto, tram e motocicli; il fascismo è, per fortuna, solo un lontano ricordo ma la libertà dell'individuo - pur se in un regime di piena democrazia - sembra essere tutt'altro che raggiunta, come dimostrano i due cronisti che in maniera supponente evitano un anziano, emarginato, dimenticato Girolimoni e, soprattutto, dato il tragico destino riservato - anche - alla memoria del protagonista. Con le ottime musiche del maestro Riz Ortolani, la suggestiva fotografia di Marcello Gatti, i credibili costumi di Mario Ambrosino e le perfette scenografie di Umberto Turco, Girolimoni, il mostro di Roma procede su binari apparentemente inconciliabili, la commedia (con risate, però, di tipo amaro) e il dramma (esattamente come farà Bolognini con l'altrettanto riuscito Gran bollito, ispirato dalle sanguinarie gesta della saponificatrice di Correggio), riuscendo a intrattenere per la magnifica interpretazione di Nino Manfredi (e per un cast artistico decisamente indovinato, compreso Gabriele Lavia nei panni del vero maniaco) e al tempo stesso ponendo all'attenzione dello spettatore più vigile una serie di argomenti mai, come oggi, di grande rilevanza (il 25 agosto 2023, la censura - seguendo direttiva europea definita "di sorveglianza" - interverrà pesantemente su internet). Il condizionamento della popolazione passa attraverso i sistemi mediatici: in termini di libertà e diritti individuali, a distanza di cent'anni dalla vicenda giudiziaria trattata nel film, siamo sicuri di aver fatto significativi progressi?

 

scena

Girolimoni, il mostro di Roma (1972): scena

 

Citazioni

 

"Un criminale simile, in libertà, diminuisce il prestigio del regime. Sapete cosa chiede questa gente? La più o meno fantomatica libertà? No, vogliono un capo: per essere protetti. Ho firmato questa cambiale al popolo italiano e intendo pagarla. Ordino, ripeto, ordino che questo criminale sia catturato al più presto. Si passino disposizioni alla stampa perché nei titoli si invochi il ripristino della pena di morte. Bisogna sfruttare il momento favorevole."

(Benito Mussolini)

 

"La bomba dell'attentatore non ha fatto accelerare i battiti del mio cuore. A coloro i quali mi fanno oggetto delle loro tenaci attenzioni balistiche, credendo di intimidirmi, dichiaro solennemente che non mi passa nemmeno per la controcassa dell'anticamera..."

(Benito Mussolini)

 

"Girolimoni... C'è un ineluttabile destino nei nomi: Girolimoni dà il senso del viscido, del tortuoso, del malato. Se si fosse chiamato Bianchi o Rossi, presto lo avrebbero dimenticato tutti, ma io dico che è sufficiente quel nome per inchiodarlo, per sempre, all'infamia del suo destino."

(Benito Mussolini)

 

"Girolimoni è un caso di cronaca nera che è stato gonfiato al massimo. Perché? Perché sull'onda dello sdegno popolare, si vuole introdurre in Italia la pena di morte. Perché? Perché quando c'è la pena di morte per i reati comuni, ce la fanno inghiottire anche per i reati politici: gli oppositori del regime sono avvertiti."

(Gianni Di Meo)

 

"M'hanno chiamato Girolimoni... era un nome, adesso è diventato un insulto, lo pronunciano come fosse diventata un'offesa."

(Gino Girolimoni)

 

Nino Manfredi

Girolimoni, il mostro di Roma (1972): Nino Manfredi

 

Ci piace chiudere questa recensione riportando le belle parole scritte con sentimento da Claudio Mangolini e Flaminia Bolzan, autori del bel libro "Passione nera - I volti della violenza nel cinema italiano d'autore."

 

"Le lancette dell'orologio storico e di quello biologico corrono in fretta. In una Roma moderna, che si apre su Palazzo Venezia e le sue vie vicine, c'è un gruppo di attivisti che sfila in corteo a favore della pena di morte. Su grandi cartelli bianchi ci sono alcune scritte inneggianti al rispetto per le vittime, in mezzo il traffico non è più quello di un tempo, i cavalli hanno lasciato il posto alle automobili a benzina e ai motocicli. Nei pressi di un semaforo c'è un anziano dall'aspetto trasandato che beve una bottiglia di vino. Chiede a un signore lì vicino le motivazioni della protesta e l'uomo parla di un mostro che ha ammazzato tre bambini nella vicina Ostia. Una storia molto simile a quella di Girolimoni, con la differenza che uno è innocente ritenuto ingiustamente colpevole, l'altro è un assassino a tutti gli effetti. L'uomo conciato come un barbone è Gino che cerca di raccontare le sue vicissitudini allo sconosciuto che non intende ascoltarlo; alcuni giornalisti passano in tutta fretta, hanno già sentito parlare di lui, ma è una cosa vecchia che non interessa più a nessuno. Il tempo passa e forse cancella tutto, come in questo caso, non rimane altro che continuare a vivere in solitudine e disgrazia ed uscire dalla storia nello stesso modo in cui si è entrati, per errore e con classe. Mentre Gino attraversa la strada farfuglia il suo disappunto nei confronti della poca attenzione dei passanti, si ferma nei pressi di un ponte e afferma che lui è Girolimoni, il mostro di Roma; alle sue spalle una maestra guida alcuni bambini che gli passano accanto e scivolano via con leggiadria ed innocenza. Una maschera tragica cala sul volto dell'uomo, gli occhi stretti in uno sbilenco disappunto mentre la gloria del suo cognome ha preso la via verso il pozzo nero del dimenticatoio storico.

 

Devastante e fedele racconto della storia del povero innocente additato con la più sporca delle infamie, in un'epoca di regime dove l'errore umano non viene contemplato ma messo a tacere, come d'altronde succede ancora oggi. La libertà di stampa, messa sotto controllo stretto da Mussolini, si può definire tale solo quando è il momento di gridare al popolo le cose peggiori e turpi, il tutto come ferrea garanzia del potere che li sovrasta. Le finte testimonianze, le manipolazioni oggettive, il menefreghismo degli alti funzionari delle forze dell'ordine, sono un piccolo specchio di quello che continua ad alimentare le cronache odierne con un effetto perverso sull'opinione pubblica, il tutto architettato a dovere dagli intoccabili."

 

scena

Girolimoni, il mostro di Roma (1972): scena

 

Visto censura 

(Dati estratti dal sito "Italia Taglia")

 

Il 16 settembre 1972, Girolimoni, il mostro di Roma ottiene nulla osta n. 60992, con licenza di proiezione in pubblico senza limiti d’età, dopo che produzione e regista hanno accettato di eliminare "la scena in cui i genitori della Biocchetta, cacciati i figli di casa, iniziano un atto sessuale particolare, e cioè dall'inizio dell'atto sino alla fine (eccezion fatta per la sequenza in cui la bambina chiede di rientrare e la mamma risponde negativamente, la quale dovrà per altro essere fatta stampare più oscura)".  

 

Metri di pellicola accertati: 3550 (128' ca a 24 fps).

 

Sinossi allegata al verbale del visto censura 

 

"Roma 1927. La città è in preda al panico ed alla esasperazione. Un misterioso individuo, un mostro, sta commettendo impunemente una serie di delitti: rapisce bambine del popolo e dopo averle seviziate le abbandona nei prati, alla periferia. Ogni tentativo di catturarlo è stato inutile. La gente terrorizzata accusa la polizia e il Regime di inefficienza e di incapacità. Un giovane brigadiere ambizioso riesce a costruire prove inattaccabili accusando un certo Gino Girolimoni. Ma solo dopo pochi giorni il castello di accuse frana miseramente e la polizia si rende conto che Girolimoni è del tutto innocente. Lo liberano alla chetichella. Quando Girolimoni torna in libertà si accorge che il suo nome è diventato il simbolo della mostruosità. Girolimoni si reca ai giornali per far rettificare o almeno pubblicare la notizia della sua scarcerazione. Ma il fascismo non vuole che si sappia del suo errore. Infatti il vero colpevole, un erbivendolo che vive al centro della cosiddetta "Spina di Borgo", aiutato e sorvegliato dalla famiglia non ha commesso più alcun omicidio. Girolimoni tenterà, a vuoto, di cercare il colpevole. Poi, avvilito, si rassegnerà: ma farà in tempo a vedere la caduta del fascismo e la fine di Mussolini."

 

Nino Manfredi

Girolimoni, il mostro di Roma (1972): Nino Manfredi

 

"Chi elogia la nostra giustizia, somiglia terribilmente a quella persona che cercava di consolare una vedova il cui marito era morto per una grave forma di polmonite, dicendole per tranquillizzarla che «forse non era andata poi tanto male»."

(Karl Kraus)

 

Trailer

 

Girolimoni, il mostro di Roma (Damiano Damiani, 1972)

 

F.P. 19/07/2023 - Versione visionata in lingua italiana (durata: 115'01")

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