Regia di Vittorio De Sica vedi scheda film
Si amano veramente e si sposano, ma ci si mette di mezzo la guerra con la sciagurata campagna di Russia.
*** CONTIENE ANTICIPAZIONI *** Lo so che questo film è anche oggetto di impietose stroncature, ma a me è piaciuto, nonostante qualche distinguo. A volte mi chiedo addirittura perché certi spettatori lo condannino senza appello, e mi chiedo se qualche elemento del film (non so, della trama) li abbia urtati a livello inconscio. Questo perché la pellicola non mi sembra per niente un film brutto, da colpire e affondare; capisco molto di più, invece, giudizi sufficienti che mettono in evidenza la stanchezza del vecchio De Sica.
Certo, anche a me il vecchio è sembrato un po' stanco, ma solo un po', perché la sua pellicola mi sembra abbia comunque la sua nobiltà. E poi Mastroianni e la Loren mi son molto piaciuti. Le loro interpretazioni mi sono sembrate intense e convinte, cosa che non posso sempre dire dei film tardi di Mastroianni, ad esempio, quando a volte sarebbe scivolato nel deletrio registro farsesco. Qui l'attore direi che ci regala alcuni momenti che emozionano, come il suo sguardo alla stazione russa e quello alla stazione italiana (strana coincidenza, vero?): nel primo caso è come stupito, costernato, imbarazzato; nel secondo i suoi occhi ci comunicano un'infinita malinconia, e la tristezza di chi si è reso conto di essersi definitivamente giocato quanto aveva di più prezioso. La Loren, tuttavia, mi è sembrata anche migliore di Lui. Quando scopre che lui si è rifatto una vita, l'attrice sa rendere sentimenti e conflitti interiori molto difficili da esprimere. Un momento memorabile, anche registicamente, mi è sembrato l'incontro tra le due donne: due sguardi muti che capiscono tutto e si dicono tutto usare parole.
Veniamo ai problemi. De Sica, secondo me, si prende tre cantonate: l'esaltazione retorica dell'esercito sovietico (con bandiera rossa in sovrimpressione), l'improbabile funzionario in giacca e cravatta che accompagna personalemente lei alla ricerca del marito, l'assegnazione degli appartamenti ai contadini, che sembra uno stralcio di un cinegiornale di stato. Non so se De Sica abbia agito così per intima convinzione o per qualche pretesa della Mosfilm, ma queste iniezioni dall'esterno nuocciono all'azione drammatica in sé.
La questione morale del comportamento di lui è abbastanza sfaccettata. A rigore egli sbaglia, perché ha pur sempre tradito chi lo amava, colei che aveva promesso di amare. Il trauma della guerra, però, e la temporanea amnesia gli danno qualche attenuante. Alla fine dei conti, se la guerra non è l'unico colpevole, e rimane sempre la responsabilità individuale, il conflitto mondiale ha certamente molto contribuito al triste decorso degli eventi. L'intera questione mi sembra posta in modo attento e sensibile, considerando i vari aspetti, dove entra anche il bel personaggio della seconda moglie (interpretata da una bellissima Ljudmila Saveljeva).
In generale dunque mi è piaciuto, e le musiche liriche e melodiche di Henry Mancini secondo me impreziosiscono un film per nulla sbagliato, che al più scarroccia alcune volte, ma sa dove andare. Ricorda un po' "La romanza degli innamorati" di Andrej Konchalovskij.
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