Regia di Steven Spielberg vedi scheda film
La storia di "Munich"e’ risaputa a tutti ed offre la possibilita' a Spielberg di ritornare a fare un cinema serio, impegnato ed importante, dopo la caduta di stile avuta con il mediocre"La guerra dei Mondi".
Ed e’ ammirevole che Spielberg l’abbia voluta raccontare cercando di inviare un vero messaggio di pace, di dire la sua sull’eterna (e probabilmente anche per lui senza soluzione) questione palestinese, mostrando chiaramente per la prima volta le ragioni piu’ che i torti di entrambi gli schieramenti.
Purtroppo pero’ per fare cio’ Spielberg costruisce un film che, se da un lato e’ notevole dal punto di vista della ricostruzione d’epoca, splendidamente fotografato dall’ormai fedele e geniale operatore Janusz Kaminski e con un invidiabile senso del ritmo, d'altra parte lascia veramente troppo a desiderare dal punto di vista della credibilita’, ed e' tanto cinematografico che le buone intenzioni, anche politiche del film, finiscono per rimanere solo tali, quando non ambigue.
Infatti Spielberg e' cosi' tanto impegnato nel voler cercare di non essere troppo di parte, cosi' preoccupato a soppesare riflessioni e dialoghi a favore dell'una o dell'altra parte, che finisce per costruire un film a dir poco artificioso e molto ma molto poco credibile.
Sotto questo punto di vista le soluzioni e le scene che lasciano molto piu’ che perplessi sono infatti tante.
Per cominciare, nonostante l’impegno degli attori, in particolare di Eric Bana nel ruolo di Avner,la squadra israeliana da lui comandata e' francamente non poco pittoresca.
Poi e’ un peccato constatare come un regista del talento di Spielberg cada ad esempio goffamente nella trappola di descrivere i vari paesi Europei secondo stereotipi alquanto scontati.
Vedere arrivare il commando israeliano in azione in Olanda guarda caso...in bicicletta...fa sorridere,ancor piu’ che vedere la gente ballare in Grecia il sirtaki...
Per non parlare dell’inverosimiglianza di molti altri momenti, prima fra tutti quello in cui, in Grecia nella medesima “casa sicura”, si ritrovano casualmente due gruppi contrapposti, una forzatura veramente eccessiva.
Cosa dire poi della (splendida) e spietata killer olandese, che manco a dirlo ritroviamo tutta sexy distesa sul letto, con le porte della sua (cinematografica) abitazione stupidamente spalancate al nemico, neanche l’avesse invitato?
E vogliamo parlare di quella sorta di comunita’ agricola, regno del supremo informatore “Papa’”, dove a tavola, in mezzo ad una quantita’ sterminata di bambini sorridenti si parla dei piani d’azione passati e futuri in tutta tranquillita’? Possiamo definirla fantasiosa?
Qualcuno puo’ ritenere credibile vedere gli agenti israeliani in ogni atto militare ( a differenza di quelli palestinesi che, come ribadito sin troppe volte lungo tutto i film, sono piu' realisticamente descritti come assolutamente privi di questi scrupoli) attenti a non voler mai uccidere vittime innocenti, anche a costo di veder compromettere per sempre le operazioni stesse?
O che il commando palestinese, (nel non del tutto riuscito montaggio finale), provi quasi una sorta di dolorosa compassione nel momento in cui e’ costretto ad uccidere il gruppo degli atleti israeliani durante la guerriglia in aereoporto?
Infastidice poi il momento in cui Avner in un albergo non cede alla tentazione di passare una notte con un' affascinante ragazza, (che si rivelera'la killer olandese di cui prima parlato) ...poi sale in camera e al telefono si commuove sino a piangere sentendo la voce della sua piccola (e mai vista) figlia...salvo poi ritornare poco dopo sulle "tracce" di quella che...ripensandoci... gli dev'esser sembrata, alla faccia del quadretto famigliare precedente, una vera occasione persa...
E ancora e' credibile un capo dei servizi segreti israeliani che prova quasi disperazione nel momento in cui elimina una sentinella nemica, solo perche’ questa era poco piu’ che un ragazzino?
O che esita ad uccidere un nemico , solo perche' ha un volto conosciuto?
Veramente puo’ essere considerato verosimile che un agente israeliano in missione abbia inoltre dei ripensamenti sulla validita’della stessa ? Perche' in tal caso sarebbe rimasto ucciso il giorno dopo. E che alla fine ritorni in patria desideroso di ritornare a vivere una normale quotidianita’ con la sua famiglia, in esilio o quasi, a New York? E che non si aspetti che cio' sarebbe stato difficile, non tanto per i suoi rimorsi di coscienza, (Spielberg mostra “solo” questo aspetto, in un’altra discutibile scena nel finale, quando Avner, mentre fa all’amore con la moglie, ripensa all’attentato dell’aereoporto…) quanto perche’ nessuno, mai e poi mai, lo avrebbe lasciato vivere in pace?
Dico: ma stiamo scherzando?
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