Regia di Salvatore Samperi vedi scheda film
Esempio più unico che raro di Cult (con la c maiuscola) del nostro cinema, alla cui riabilitazione non poco contribuì, una decina d’anni fa, l’attuale sindaco di Roma Veltroni: una rievocazione al contempo anarcoide e rabbiosa della vita di provincia nei primi caldi anni Sessanta, che, però, non nasconde una certa malinconia di fondo.
Un cast che più “scult” non si potrebbe chiedere: da Giancarlo Magalli (con la chioma!) a Teo Teocoli (in una curiosa miscela di Celentano e Little Tony), dalla compianta Jenny Tamburi (ancora sex-appeal) a Simona Mariani (segni particolari: desaparecida), da Carmen Russo (prima di… isolarsi) a una sempre luminosa Bouchet. All’immancabile Jimmy il Fenomeno. E inoltre, uno stuolo di caratteristi da leccarsi i baffi (Gigi Ballista, Enzo Liberti, Eros Pagni, Tino Schirinzi), su cui spicca Enzo Cannavale nel ruolo del devoto custode di un teatrino destinato a una distruzione-sommossa, segnale di un imminente mutamento di mode, gusti, tendenze da parte di una generazione che sta cambiando a sua volta.
Non è “Animal House” – anche se la goliardia volgarmente dissacratoria che ostenta non gli è di molto lontana – ma precorre le nostalgie superficiali e velleitarie dei Vanzina Bros. e le case dalle finestre che piangono alla Avati (che insorgeranno di lì a pochissimo). Per una volta, un Samperi meno pruriginoso del solito, tra le cui righe si avverte perfino un’eco (indiretta?) dell’autarchia morettiana prima maniera (l’ambiziosa rappresentazione d’élite pseudo-esistenziale che sfocia nella reazione rivoltosa del pubblico).
Decisamente trascinante il rock di Ricky Gianco, e fugace apparizione di un giovane Alberto Fortis che canta “Sono contento di voi”.
Occhio al cameo del futuro caso letterario (e qui aiuto regista, nientemeno) Susanna Tamaro!
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