Regia di Luciano Ercoli vedi scheda film
Quando il commissario pronuncia le fatidiche parole "non l'ho buttato io dalla finestra!", l'intera operazione si rivela fin troppo didascalica. Da lì in avanti (ma già la figura del killer miope era deboluccia) il film di Ercoli perde un po' di mordente. Ed è un peccato, perché la confezione è insolitamente curata, il soggetto individua giustamente nelle stragi bombarole i momenti fondamentali della strategia della tensione degli anni Settanta, la sceneggiatura tiene conto di certi meccanismi giuridici (ad esempio il ruolo del Consiglio Superiore della Magistratura), senza appiattirsi sulle regole di derivazione americana secondo le quali il giudice sospende dal servizio i poliziotti e così via. Il finale aperto (nonostante una didascalia ambigua che lascia perplessi) trova la sua ragion d'essere nelle oscure trame ordite spesso dall'intreccio pericoloso tra estremisti di destra e servizi segreti più o meno deviati, il cui risultato è stato che i depistaggi hanno avuto successo, le indagini si sono indirizzate su false strade e solo occasionalmente si è giunti a brandelli di verità. Del resto, basta leggere i titoli dei "poliziotteschi" per rendersi conto del pessimismo che dominava su questo genere cinematografico: dopo questo film dal titolo già abbastanza eloquente, il ciclo si chiude con la pietra tombale di Paolella "La polizia è sconfitta". Per fortuna oggi, trent'anni dopo, ci sono le ronde. Ora sì che siamo in una botte di ferro.
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