Regia di Nicholas Ray vedi scheda film
La gioventù bruciata è una gioventù abbandonata, lasciata sola ad affrontare quella fase delicata e indefinibile della vita in cui non si è più bambini ma non si è ancora adulti. L'uscita dall'infanzia è come un fiotto di energia, che può prendere la tangente e perdersi, se non viene incanalato verso la costruzione del futuro, e non è disciplinato dal senso di responsabilità. Però i "grandi", in questa storia, non sono un punto di riferimento, né un modello da seguire: sanno solo essere genitori convenzionali e protettivi, ma di fatto lontani, perché incapaci di immedesimarsi nei figli e di partecipare consapevolmente alle loro scelte. Sono loro i primi a non aver giudizio e a non capire, negando ai ragazzi la dignità di una coscienza, che, se può sbagliare, è però capace di rimediare da sola ai propri errori.
Ha costruito un mito infrangendo i tradizionali schemi hollywoodiani. "Gioventù bruciata" non è né un tragedia, né una storia a lieto fine, e in essa sfuma la distinzione tra il bene e il male. Viene anche meno la consonanza tra i personaggi, che sono ritratti uno accanto all'altro, ma senza nulla che veramente li leghi. Questo aspetto è sottolineato, in più modi, dall'assenza del contatto visivo: persino nelle scene di maggiore intimità, quando i corpi sono appoggiati l'uno all'altro, gli sguardi quasi mai si incrociano: il disorientamento trasforma di fatto l'umanità in un pulviscolo di particelle in moto, che seguono, ciascuna, una diversa traiettoria.
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