Regia di Pasquale Festa Campanile vedi scheda film
Scacco alla regina è un film che ruota attorno al generico concetto di ‘sadismo’, così come il romanzo omonimo da cui proviene, uscito un paio di anni prima e firmato da Renato Ghiotto, non una penna illustre, ma sceneggiato qui da metà degli autori di Otto e mezzo: Brunello Rondi e Tullio Pinelli (forse la metà meno ascoltata, data l’impronta personalissima degli altri due sceneggiatori, cioè Fellini e Flaiano, ma pur sempre un autorevole binomio). L’idea di fondo di Pasquale Festa Campanile è quella – sviluppata praticamente lungo l’intero corso della sua smisurata filmografia (e non è arrivato neppure ai sessant’anni di età, si badi bene) – di mettere in evidenza i riflessi moderni dell’istituzione-coppia; in questo caso il focus dell’operazione è tutto puntato sulla donna, come d’altronde spesso accade per i lavori del regista, dipinta come vittima e carnefice dei contemporanei rapporti di potere. In questo si può ravvisare qualche blanda analogia con la filmografia di Marco Ferreri, ma il rapporto fra i due registi si può velocemente riassumere nell’equazione ‘Festa Campanile sta a Ferreri come il Bagaglino sta alla satira’. Ovverosia: anche in Scacco alla regina le problematiche di fondo (ad es.: nella parità di diritti fra uomo e donna è inclusa anche la parità di delirio di onnipotenza sessuale; oppure la ricerca del piacere nell’umiliazione, nell’annullamento del sé) sono gettate al pubblico in maniera grossolana e non molto incisiva, complice anche la forte volontà del regista di stupire con effetti molto poco speciali (le mammelle compaiono ripetutamente sulla scena, e siamo solo nel 1969). Lo scontro fra i fascini della Schiaffino e di Haydée Politoff vede vincere la seconda, seppure di misura. Musiche non molto memorabili di Piero Piccioni. 2,5/10.
Una ragazza in cerca di lavoro trova impiego come ‘dama di compagnia’ presso una ricca e viziata attrice. I servizi cui è costretta superano un po’ alla volta i confini di sadismo e crudeltà, eppure la ragazza rimane fedelmente al fianco della padrona. Fino a che questa, stanca, la vende come schiava a un’asta.
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