Regia di Tony Richardson vedi scheda film
Tony Richardson è stato un regista inglese che ebbe il suo momento migliore negli anni Sessanta del Free cinema, e i suoi film più significativi restano probabilmente il vincitore di Oscar "Tom Jones" e questo "La solitudine del maratoneta". Si tratta di un film che vuole analizzare il fenomeno del ribellismo giovanile e la difficile condizione dei detenuti all'interno di un riformatorio concentrandosi sulla vicenda di Colin Smith, ragazzo che a causa di una famiglia disfunzionale si ritrova arrestato dopo un furto e potrebbe avere un'occasione di riscatto personale e sociale grazie alla sua bravura nella corsa campestre, che gli attira la simpatia del direttore del penitenziario. Richardson si avvale della collaborazione dello scrittore Alan Sillitoe in fase di sceneggiatura, dirige con vigore avvalendosi di un montaggio che gioca sulle libere associazioni alla Nouvelle vague e su una fotografia di Walter Lassally dal plasticismo corposo ed esasperato. È un'opera di contestazione sociale, come si evince dal finale che però evito di spoilerare, è un film che descrive bene il milieu proletario nei flashback e traccia un ritratto psicologicamente attendibile di Colin e dei comprimari, anche se a mio parere qualche scena girata troppo in chiave di commedia nelle scene del passato stride un po' con il registro prevalente del film facendogli perdere di omogeneità, così come non manca qualche ovvietà nella descrizione della famiglia di Colin e nelle scene della fuga romantica con le fidanzate. Richardson mette a frutto la freschezza dell'ispirazione e una competenza tecnica certamente non trascurabile in un film che all'epoca fu accolto freddamente ma che col passare degli anni è diventato un piccolo classico britannico. Lo aiuta molto un Tom Courtenay di fisicità prorompente e di espressività ancora sorprendente affiancato fra gli altri da un grande Michael Redgrave, sobrio e incisivo nel ruolo del direttore del riformatorio. Un film che ha ancora qualcosa da dire e da insegnare a tanti anni di distanza, non eccede in retorica e non è troppo accomodante con l'autorità, e contiene sequenze di gare sportive ben girate e non prive di emozione. Un bel risultato
Voto 8/10
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