Regia di Larry Charles vedi scheda film
Voto 10. Di fronte all’assenza di opinioni, mi chiedo dove si nascondano i “dylaniani più accaniti”, evocati nella recensione di FILMTV. Per un amante di cinema e per un dylaniano accanito come il sottoscritto, questo film è la realizzazione di un sogno. In passato, Bob Dylan è stato protagonista di “Renaldo e Clara” (che può piacere solo ai succitati dylaniani più accaniti), è stato “Alias” nell’immenso “Pat Garrett & Billy the Kid”, ma cinematograficamente è stato, fin qui , al di sotto del suo personaggio. Con “Masked & Anonymous”, i “dylaniani più accaniti” hanno finalmente avuto pane per i loro denti. Il film è infatti di, con e per Dylan. La sua musica lo pervade dal vivo, con delle splendide covers e, in sottofondo, dall’inizio alla fine. I dialoghi tra i personaggi sembrano citazioni tratte dalle sue canzoni (alcuni lo sono davvero). La trama – va da sé – è quella riportata nel sito, ma non ha alcuna importanza. Gli attori sono di grido, ma fungono solo da “contorno”, come hanno essi stessi ammesso, accettando di partecipare all’operazione per il minimo sindacale (400 $ al giorno). Non sarà vero, ma, come insegna “Liberty Valance”, quando la leggenda entra in conflitto con la realtà, prevale la leggenda. La musica, dunque: questo sessantacinquenne sta invecchiando proprio bene! Ha evidentemente supervisionato ogni nota e sono da segnalare innanzi tutto i due brani “italiani”: quelli degli “Articolo 31” e di Francesco De Gregori. Due colpi di genio. In particolare gli “Articolo 31”, con una versione rap di “Like A Rolling Stone” da brivido! A Francesco, tanto di cappello per la fedeltà con cui ha interpretato il senso – non letterale – di “If You See Her, Say Hello”. Le traduzioni dei testi di Dylan sono genericamente incomprensibili. In originale lo sono altrettanto, ma c’è il senso, appunto, il modo di dire qualsiasi cosa, che fanno di Dylan uno dei massimi interpreti della musica. Poi, ci sono le versioni di “MyBack Pages” in giapponese, “It’s All Over Now, Baby Blue” dei Grateful Dead, “Most Of The Time”, di una sconosciuta ma gigantesca Sophie Zelmani, “Segnor” eseguita da Jerry Garcia. Tuttte chicche. In mezzo a tutto questo, le canzoni di Sua Maestà. Torno alla mia domanda iniziale: ma dove sono finiti i “dylaniani più accaniti”?
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