Regia di Sandro Bolchi vedi scheda film
Uno dei classici sceneggiati Rai, girato in due momenti distinti nel 1963 e nel 1971, con una fedele trasposizione dell'omonimo romanzo di Bacchelli ma forse fin troppo freddo e didascalico
Nella versione integrale girata da Sandro Bolchi, che si trova edita solo sul cofanetto Eri di una quindicina di anni fa, "Il mulino del Po" risulta indubbiamente più completo e di ampio respiro rispetto alla versione ridotta del film di Lattuada del '49 (che però era molto più coinvolgente e con un pathos che qui manca quasi del tutto). Merito certo di una maggiore possibilità di elaborare i personaggi, il loro carattere spesso controverso (a partire dal capostipite Lazzaro, interpretato da un Raf Vallone forse fin troppo sopra le righe), fino al passaggio generazionale prima al figlio e poi ai nipoti. Una sorta di saga familiare ante litteram, che rimane sostanzialmente fedele al romanzo di Bacchelli, ma che manca di una narrazione più completa del difficile rapporto tra uomo e natura (meglio presente nel film di Lattuada) di chi ha scelto di fare dell'ampio corso di un fiume la sua casa, il suo lavoro e di affidargli il suo destino (tra piene rovinose e secche che ne impediscono lo sfruttamento per la macina del grano) ma anche delle lotte contadine per migliori condizioni di lavoro. Anche la fotografia non aiuta molto, concentrata più sugli interni che sul paesaggio, anche se a onor del vero la caratterizzazione dei personaggi è comunque efficace. Non uno dei migliori sceneggiati Rai del periodo ma comunque un lavoro di un certo interesse, soprattutto se confrontato con l'omonimo romanzo. La serie fu girata in due distinti momenti a distanza di alcuni anni (rispettivamente nel 1963 e nel 1971) ed anche questo rende forse poco unitario il racconto, con una cesura tra il prima ed il dopo troppo netta e marcata.
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