Regia di Nello Rossati vedi scheda film
Fuga scabrosamente pericolosa è uno di quei titoli che si fanno ricordare. Per la loro bruttezza, si capisce; che colpisce perfino di più della bruttezza del film stesso. Sostanzialmente è una specie di trattatello sulla sindrome di Stoccolma, su quel particolare legame, insomma, che tiene la vittima incollata al suo carnefice, quel peculiare rapporto di odio e amore in cui il primo prevale, ma il secondo non demorde. Nello Rossati, piuttosto attivo negli anni Settanta in prodotti di 'genere', assieme a esso si ritrovò in crisi negli Ottanta; questa pellicola arriva a sei anni di distanza dalla sua precedente opera per il grande schermo e definisce a perfezione la mancanza di idee e di mezzi che pativa il nostro cinema in quel momento; il risultato è quantomeno migliore rispetto al film successivo del regista, cioè il forzato e risibile sequel di Django (Django 2 - Il grande ritorno, 1987). Ma è comunque misero. La coppia di protagonisti è formata da un esordiente totale (Rodrigo Obregon) e da Eleonora - figlia di Raf - Vallone, nota più che altro per aver presentato Sanremo qualche anno prima; nessuno dei due è particolarmente affidabile come interprete e anche da questo punto di vista il film ne risente. Co-produzione fra Italia e Colombia, soggetto e sceneggiatura sono opera di Franco Reggiani, altra firma anonima e che tale è destinata a rimanere. 2/10.
Sudamerica. Manuel riesce a evadere da un campo di prigionia; porta con sè la figlia di uno dei suoi nemici. Durante la fuga fra i due il rapporto si fa durissimo, ma più l'uomo la maltratta, più la donna sembra apprezzare la sua condizione.
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