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ABBA spettacolo

Regia di Lasse Hallström vedi scheda film

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La recensione su ABBA spettacolo

di maso
8 stelle

 

 

Idea brillantissima quella di immortalare su pellicola il gruppo pop più popolare d’Europa negli anni settanta, secondo per vendite soltanto ai Beatles; gli ABBA nel 1977 stavano vivendo il loro momento di massimo splendore,  occasione unica per raccontare la turné australiana srotolata nelle quattro città più importanti accompagnata dal consenso e l’entusiasmo di una nazione intera che si è rivelata la più devota a questo singolare gruppo svedese la cui storia sembra una favola se si pensa a come è riuscito a farsi amare in maniera così delirante in una terra così lontana da fans di tutte le età uniti dal coro incessante :- We want ABBA-: .

Dietro la telecamera c’è Lasse Hallstrom, che si affermerà in seguito come regista di qualità, il suo lavoro è apprezzabile perché con il pretesto della turné degli ABBA è riuscito a realizzare due documentari fusi insieme in un'unica pellicola: quello sugli ABBA ovviamente, impeccabili ed entusiasmanti sul palco con le loro esibizioni altisonanti, da buoni svedesi disponibili anche a concedersi per i retroscena, l’altro è quello sull’Australia, paese giovane dalle mille bellezze popolato da una miriade di giovani e giovanissimi impazziti per il quartetto scandinavo; per far si che le due tracce siano ben amalgamate i realizzatori hanno creato un personaggio fittizio interpretato da Robert Hughes, un DJ di Sydney che deve intervistare gli ABBA e preparare un servizio esclusivo per il suo scorbutico direttore, si reca al concerto di apertura ma ha smarrito il suo tesserino da reporter e deve rincorrere Agnetha e soci per tutte le loro tappe nella terra dei canguri.

L’apertura è già di per se una trovata con quei placidi paesaggi scandinavi accompagnati dall’unica canzone in colonna sonora che non è accreditata agli ABBA ma fu comunque scritta da Benny Anderson e Bjorn Ulvaeus prima di formare il gruppo, è il punto di partenza per il lungo viaggio musicale che attende il quartetto dopo un altrettanto lungo viaggio in aereo, terminata la conferenza stampa è il momento di concedersi ai fans in delirio nonostante la pioggia inattesa, Hallstrom costruisce in maniera impeccabile l’ingresso nel suo film degli ABBA pronti a salire sul palco e li cattura mentre la folta band che li accompagna ha iniziato a suonare, è bello osservare i loro volti in quei brevi attimi che precedono lo show, nonostante la rodata esperienza si avverte l’ansia da prestazione che si stempera scaldando la voce, in un attimo la paura svanisce per lasciare spazio al perfetto equilibrio degli elementi che occorrono per rendere uno spettacolo davvero unico: brani orecchiabili, performance impeccabile, sound mixing preciso, costumi di scena sgargianti, luci intermittenti e interpretazione attiva degli artisti che come degli attori calamitano lo sguardo del pubblico.

I mantelloni argentati svolazzano mentre Bjorn e Benny agguantano gli strumenti, poi è la volta delle due tigri del palcoscenico con i loro nove metri e settantatré centimetri di gamba totali tacchi esclusi: Agnetha e Frida tagliano la pioggia con le voci a braccetto che sembrano una e la bellezza altissima e purissima del biondo dorato e del rosso rame accende lo show, non a caso il brano che stanno eseguendo è la graffiante Tiger, pezzo di una aggressività travolgente sottolineato dalle movenze perfette delle due cantanti che sul ritornello :-I am the tiger-:  allungano le mani ad unghie smaltate e spiegate come una tigre, grandissimo lavoro di regia che da ritmo alla canzone anche con il cambio di inquadrature favorendo le espressioni feline di Frida e la vena ironica di Agnetha che sgrana gli occhi sul verso :-Try not to scream – It’s me-:, il gioco di luci rosse e gialle fa il resto per una apertura di concerto perfetta che prosegue con la versione soft di SOS con Agnetha protagonista in tutta la sua bellezza e potenza vocale.

La sottotrama di Ashley, il DJ a caccia di scoop, procede pari passo con il tour degli ABBA, le due strade si intrecciano a più riprese e come detto l’idea viene sfruttata per intervallare i brani tratti dai concerti con le interviste ai fans di tutte le età sulle splendide locations offerte dall’Australia, per raccontare i retroscena e le origini del gruppo e proporre come in un videoclip i nuovi brani.

L’Opera house di Sydney è l’ultima immagine della città prima della tappa successiva a Perth, un flash dal palco con la frizzante esecuzione di Waterloo che parte dal sexy bottom di Agnetha è il preludio ad un’altra bella trovata di Hallstrom che fa una ripresa aerea con la quale si avvicina stringendo il campo smisuratamente al cottage sull’isolotto in Svezia dove gli ABBA creano la loro musica, un tocco magico per descrivere un momento così intimo del gruppo.

 

 Le parti incriminate dello show degli ABBA

 

Ashley costeggia il bacino urbano di Perth camminando sconsolato sotto la bella luce di un tramonto , non ha ancora ottenuto l’intervista mentre la stampa sforna articoli a pieno regime: in albergo in un momento di distensione il quartetto legge le reviews che li riguardano, una foto di Frida ha una didascalia che evidenzia i due cm di mutandine messi in mostra dal fulmineo scatto del fotografo, Benny legge un titolo che dice “ABBA’s kinky velvet bed” e chiede al tour manager il significato della parola “Kinky” che sta per peccaminoso, sessualmente perverso, e infine un immancabile titolone sul fondoschiena di Agnetha che suscita le ire di un tassista dal fortissimo accento aussie, Ashley lo ascolta distratto nelle sue lamentele riguardo al fatto che tra il pubblico ci sono in prevalenza mogli e bambini e la bella Agnetha non può neanche voltarsi di schiena, già perché il suo peccato è solo quello di avere un bel culo e quindi non deve categoricamente voltarsi altrimenti la gente se ne accorge, questo per farvi capire che epoca candida e innocente racconta questo film, messo a confronto con le cosce sudaticce di Lady Gaga o le tette al vento di Madonna mentre limona con Janet Jackson ha il sapore di un bastoncino di zucchero caramellato.

Ashley non riesce proprio ad avvicinare gli ABBA e può solo sognare l’intervista come nel video musicale di That’s the name of the game prima di scendere a Adelaide e raccogliere interviste a tappeto che testimoniano come gli ABBA siano un gruppo molto amato dai piccolissimi per l’immagine pulita che li accompagna e la loro musica dolce, lontana dai drogati cronici del rock’n roll, la canzone che forse incarna maggiormente lo spirito dei concerti degli ABBA è Fernando con il suo sound vagamente andino che spesso il gruppo faceva cantare a cappella al pubblico in un momento di grande aggregazione e pace, in contrasto con questa ballata acustica va messa senza dubbio I’m a marionette la cui esecuzione viene montata alternativamente con scene nel backstage o di incontri con i fans e i giornalisti velocizzate e riavvolte di continuo proprio per sottolineare la meccanicità di certi gesti ai quali la rock star è costretta a sottostare così come Frida e Agnrtha mentre si muovono sul palco come due marionette appunto.

  Robert Hughes e gli ABBA nel video sogno di That's the name of the game

 

L’ultima speranza per Ashley è a Melbourne, tappa finale del tour da cui viene estratto quello che forse è il brano più bello degli ABBA, sicuramente il più famoso, Dancing Queen con le sue cadenze disco, i vocalismi tipici del quartetto svedese, la melodia ammaliante e il ritmo ballabile vale sempre un ascolto e questa volta non spreco parole neanche per quei poveri rappettari che dovrebbero solo imparare la magia della musica melodica guardando e soprattutto ascoltando questo film.

E’ il momento di tornare a casa volando in quell’aereo come quell’Eagle in alto nel cielo, o verso l’alto come quell’ascensore galeotto per Ashley e gli ABBA, un nuovo hit, un video musicale, l’attesa intervista, un’aquila che vola nel cielo o quell’aereo che li riporta in studio per l’incisione dell’ultimo brano che non può essere altro che la bellissima Thank you for the music, una musica che ha fatto il giro del mondo partendo da quel piccolo cottage sopra un’isola come in una favola.

La versione restaurata del 2002 è un gioiello per limpidezza delle immagini e missaggio sonoro, consigliatissima anche a chi non ama gli ABBA, da applausi il lavoro di Hallstrom che dimostra l’importanza di un bravo regista anche nei film musicali, inquietante il destino di Robert Hughes che verrà condannato dal tribunale di Sydney per aver molestato cinque ragazzine fra l’ottantacinque e il novanta il che è tutto dire se si pensa che in questo film tantissimi ciak lo vedono intervistare bambine piccole e piccolissime.

    Gli ABBA on stage

 

 

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