Regia di Edward Dmytryk vedi scheda film
Due soldati americani e uno tedesco attraversano la seconda guerra mondiale: i primi riportano a casa la pelle, il terzo no. Più che un film di guerra, è una storia di persone in tempo di guerra fra le due sponde dell’Atlantico. Procede su linee parallele che si incontrano solo due volte: nella prima sequenza, con un corteggiamento non riuscito sulle montagne bavaresi durante il Capodanno 1938, e nell’ultima, nella quale i destini si compiono per un caso beffardo. Si sviluppa con incedere lutulento, mettendo insieme parecchie cose e non tutte essenziali: gli atti di bullismo di cui è vittima Clift con la connivenza dei superiori ricordano fin troppo Da qui all’eternità, e il tema dell’antisemitismo spunta solo alla fine come un coniglio dal cappello (da rilevare, oltretutto, l’inesattezza storica che ci fossero campi di sterminio lungo il fronte occidentale). Buoni Clift e Martin, che aderiscono con naturalezza ai loro ruoli complementari (l’uno complessato ma coraggioso, l’altro vigliacco ma consapevole di esserlo); gigantesco Brando nel caratterizzare un personaggio tragicamente contradditorio, che combatte fino alla fine per una causa in cui non crede e che viene ucciso proprio quando decide di buttare le armi: è notevolissimo che nel 1958 un tedesco venga presentato in modo così problematico dal cinema americano. Nel complesso meno riusciti i personaggi femminili (Hope Lange casalinga, Barbara Rush disincantata, May Britt sensuale), non tanto per demerito delle interpreti quanto perché la sceneggiatura le trascura e le semplifica; particolarmente inverosimile la francese vedova di guerra, che si innamora di un nemico appena conosciuto.
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