Regia di Carlo Vanzina vedi scheda film
Il milanista, l’interista e lo juventino. Il film-barzelletta che vive della scatenata verve cientopeciento di Diego Abatantuono torna a grande richiesta di quei fan che hanno (ri)scoperto l’originale in vhs e (da poco) in dvd. E quindi Donato, ex ultrà della Fossa rossonera, dopo vent’anni di esilio a Ibiza, torna a Milano e scopre di avere un figlio nerazzurro. Tirzan, camionista juventino, esce da un coma provocato da una sbandata del suo tir e ritrova la moglie con un napoletano. E Franco, interista sfigato più che sfegatato, è costretto a una parentesi palermitana per sistemare delle pendenze con la mafia. Cinematograficamente parlando e guardando la pellicola è spaventosamente povera, vuota, cialtrona, priva di nerbo e ritmo, fotocopia sputata della prima puntata e incapace di sfruttare le succulente (sulla carta) novità del cast, dalla Ferilli a Sconsolata, da Frassica a Sperandeo, da Burruano a Buccirosso, caratteristi di razza sciupati e dimenticati alla stregua dei camei di lusso di alcuni giocatori del Milan (Gattuso, Maldini, Costacurta che diventa Pastacurta, Dida ribattezzato Didinho e via barsporteggiando). Dovremmo farci intimidire dal fatto che il prototipo è un cult movie? Piuttosto, vorremmo ribadire i guasti dei “revisionismi” critici, delle marcoaggiustate all’italiana che sdoganano registi che non sanno dove mettere una macchina da presa e legittimano operazioni che andrebbero bene giusto in un preserale di Italia 1 o per una terza serata dell’anonima Raidue.
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