Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
Siamo alla fine dell’epoca del muto; un regista ormai finito nel dimenticatoio irrompe nello studio di un potente produttore per implorarlo a dargli l’ultima possibilità per tornare a girare film. Ma nonostante lusinghe e minacce, il produttore sembra irremovibile.
All’atto di girare questo lavoro Ingmar Bergman aveva chiuso con il cinema, per sua stessa irrevocabile decisione, da oltre un decennio; ciononostante il Maestro svedese continuava a dirigere pellicole televisive e a scrivere copioni destinati ad altri registi. Sista skriket – letteralmente: L’ultimo grido – è un film scritto e diretto da Bergman, un omaggio al cinema muto con cui crebbe e ai grandi registi della Svezia di quell’epoca; in particolare qui il Nostro si diverte a mettere in scena un incontro mai realmente avvenuto, ma effettivamente più che plausibile, fra il cineasta caduto in disgrazia Georg af Klercker e il potente produttore Charles Magnusson. Il risultato è un kammerspiel della durata di poco meno di un’ora, un atto unico con un protagonista-mattatore (Bjorn Granath, bravo), una spalla che regge il gioco a dovere (Ingvar Kjellson) e una comparsa (Anna von Rosen), il tutto ambientato in un’unica stanza e sapientemente decolorato in un tono seppia che ricrea le atmosfere dell’epoca a cui la storia è ambientata. Interessante come prova d’attore, meno però nella scrittura, Sista skriket non vive dei consueti ribaltoni emotivi e delle dinamiche in perenne altalena che tipicamente riguardano questo tipo di lavoro; presumibilmente comunque si tratta di una delle opere più intime – più soggettive, più personali – prodotte da Ingmar Bergman, che non si fatica a scorgere qua e là tra le righe del protagonista. 5/10.
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