Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
L'illustre Vincent Canby del New York Times lo definì uno dei migliori film di Bergman, ma a mio parere lo sopravvalutò abbastanza : in questa ennesima ricognizione sul male di vivere e su quattro personaggi alla deriva girata nell'isola di Faro non vi trovo nulla di particolarmente nuovo o che il regista non avesse già affrontato nelle opere precedenti. L'elemento di maggiore novità è offerto dal colore, usato qui per la seconda volta da Bergman : il fotografo Nykvist è come sempre un mago dell'obiettivo e sa usare la tavolozza in maniera creativa, anche se l'elemento cromatico non ha la stessa ricchezza del successivo Sussurri e grida. Interessanti anche gli interventi degli attori che commentano i propri personaggi durante alcuni intervalli della narrazione, e che creano uno straniamento insolito nel cinema di Bergman : a salvare il film e a conferirgli una certa intensità è proprio ill magnifico quartetto formato da Andersson, Ullmann, Sydow e Josephson, volti ormai familiari ai conoscitori delle opere del maestro. Conclude una tetralogia di film girati tutti sull'isola dove Bergman aveva scelto di vivere (gli altri sono Come in uno specchio, L'ora del lupo e La vergogna), ma non mi sembra il migliore dei 4. voto 7/10
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